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West Highlands Way e Great Glen Way, Scozia

Aggiornamento: 19 gen

Tappa 1: Milngavie - Drymen

Ed eccomi qui zaino in spalla a camminare sul lato più selvaggio della Scozia: la West Highlands Way, il più antico sentiero a lunga percorrenza del paese che la National Geographic ha insignito a uno dei più bei trekking del mondo.

 

Davanti a me una piccola lingua che serpeggia silenziosa e austera lungo i fianchi inospitali quanto magici delle montagne vulcaniche scozzesi mentre il vento mi sospinge fin dal primo mattino e incessantemente verso nord in direzione Ben Nevis, la vetta più alta delle isole britanniche, che raggiungerò tra 1 settimana di cammino.

 

La prima tappa della West Highland Way è una sorta di preludio attraverso i paesaggi delle Lowlands. Mi lascio alle spalle il paesaggio urbano di Milngavie con il suo iconico obelisco che indica l’inizio del sentiero mentre la natura mi ingloba silenziosamente in un solo e morbido boccone fino ad arrivare all'ombra delle Campsie Fells, una catena di colline dagli scenari magici.

Qui il paesaggio cambia completamente, le colline seppure ancora sommariamente aride e secche modellano l’orizzonte con infinite sfumature. 

 

Per tutta la giornata il freddo si fa strada insinuandosi fin nelle ossa mentre le raffiche di vento mi schiaffeggiano senza pietà con i loro 75 km/h. Ma non importa: i 2 arcobaleni che mi hanno indicato la via oggi sono valsi tutto il viaggio e qualsiasi vessazione meteorologica subita.

 

A mezzogiorno arriva anche un breve rovescio di grandine. Non vogliamo farci mancare proprio nulla.

Eccoti qui Scozia: con 4 stagioni in solo 1 giorno.

 

Il fango oggi non mi da sosta scivoloso e avvolgente e mi costringe per lunghi tratti ad una camminata lenta e felpata. 

 

Una zuppa calda in un caseggiato dimenticato dal tempo appena fuori dal sentiero mi offre una meritata pausa. Ma non posso indugiare. 

 

Quando arrivo a Drymen mi sembra di aver camminato per giorni e giorni eppure è solo la fine del primo.

 

Una cena veloce al pub del paese e mi tuffo esausta nel letto.

Buonanotte.

 

 

Tappa 2 Drymen - Rowardennan

Stamattina il meteo è pessimo. Non mi resta che farmi coraggio, bardarmi come un palombaro e mettermi in cammino.

Da Drymen la West Highland Way si arrampica velocemente attraverso i boschi fino a raggiungere la Conic Hill che si trova lungo la Highland Boundary Fault, una grande divisione geologica che separa la regione della Lowland Scotland dalle Highlands. 

 

Il sentiero seguirebbe la spalla di Conic Hill se non fosse che a causa della caduta di diversi alberi per i forti venti, devo tornare indietro, circumnavigarla e tentare di riagganciarla dalla parte opposta. 

Il giochino mi fa allungare di quasi 5 km.

 

Quando arrivo finalmente al raccordo, la salita si inerpica prima con una scalinata infinita di massi poi con la melma nera fino alla cima. 

 

Conic Hill è famosa per essere sopravvissuta alla grande calotta glaciale che ha completamente sommerso gran parte della Gran Bretagna fino a 10.000 anni fa.

 

In 1 ora di salita conto 3 “showers” come chiamano qui le piogge copiose ed improvvise: da qui la vista sul lago Loch Lomond e le sue isole è davvero pazzesca, di quelle che non dimenticherò, insieme al vento!

 

Mentre il sentiero mi spinge verso il cielo che miracolosamente diventa blu cobalto, voltandomi indietro mi compaiono all’orizzonte come satelliti iBen Lomond, Luss Hills, Ben Vorlich, Ben Vane, Ben Ime e Ben Narnain, come in un quadro.

 

Quando scendo dalla Conic Hill, dopo il villaggio di Balmaha, il percorso rimane vicino a Loch Lomond per tutto il tempo fino alla destinazione di oggi, Rowardennan. 

 

Negli ultimi 10 km la tappa si contorce su e giù per la valle come se fosse determinata a mettere sotto pressione i polpacci che infatti stasera danno i primi segnali di acido lattico.

 

Oggi scendo diverse volte a riva e mi siedo ad ascoltare le onde del lago incresparsi senza tregua sui sassi della spiaggia.

 

In quegli attimi, nel solo rumore dell’acqua e del vento, mi sono sentita a casa, dentro di me, e mi sono ricordata perché ogni volta che torno a casa, quella fatta di mattoni, dopo non troppo tempo mi rimetto in cammino a cercare la “casa che abito”.

 

Tappa 3 Rowardennan - Inverarnan

Se la mattina ha l’oro in bocca oggi, per certo, è il blu spennellato a profusione nel cielo a fare da padrone e a vivere in ogni centimetro del mio corpo. Bocca compresa. Ne sono immersa con ogni mia cellula. 

 

Il risveglio davanti al Loch Lomond, in cui si rispecchiano con le loro “rughe” color senape le montagne, mi fa sentire un tutt’uno con la natura e con ciò che mi circonda. 

 

E’ come una magia. Ogni volta. Dopo qualche giorno che cammino è come se qualcosa accadesse dentro la mia mente, il mio corpo, la mia anima e tutto si allineasse senza sforzo lungo un’unica linea spazio-temporale-cellulare. 

 

Il fragore delle cascate mi accompagna, insieme e allo stesso tempo in contrasto, alla calma piatta del lago ricordandomi quelle due parti così opposte che mi abitano: quella vulcanica, preponderante, e quella più quieta e calma.

 

La tappa di oggi ha la reputazione di essere la parte più difficile dell’intero percorso. E in effetti è dopo circa 10 km che ne prendo atto, violentemente. 

Rocce scivolose, radici fuori terra e continui sali e scendi, rendono il cammino davvero estenuante nella costante tensione e attenzione che devo prestare ad ogni passo. 

 

Il paesaggio, per contro, è avvolgente e idilliaco: sono come ipnotizzata dai suoni e dall’energia che questo luogo emana. Mi sento letteralmente come Ulisse con le sirene, rapita. 

 

Tra Inversnaid e l’estremità settentrionale del lago, sono immersa in una famosa leggenda, quella di Rob Roy, meglio conosciuto come Robin Hood, il fuorilegge scozzese più famoso del mondo. Visito una piccola grotta, il luogo in cui Rob Roy si nascose dagli uomini del Duca di Montrose e proseguo.

 

Negli ultimi 5 km il paesaggio cambia completamente e mi sento catapultata nella steppa arida della Mongolia. Eppure sono in Scozia. 

 

In alcuni instanti percepisco forte la solitudine enfatizzata dal silenzio quasi assordante delle montagne che mi circondano e mi schiacciano. 

 

Mi fermo, chiudo gli occhi e mi rendo conto che è in quello stesso silenzio che mi sento “moltitudine”.

 

Domani danno neve. Come sempre mi affido all’universo.

 

 

Tappa 4 Inverarnan - Bridge of Orchy

Stamattina la sveglia suona all’alba: oggi mi aspettano 31 km e dal cielo che intravvedo dalla finestra il meteo, è indiscutibilmente, a sfavore. 

 

Appena scendo dal letto avverto come una scossa che mi trapassa: il terreno della tappa di ieri mi ha lasciato come “foto ricordo” il preludio ad una vescica al piede sinistro che ad ogni passo mi accompagnerà fedelissima e dolorosissima. Amen.

 

Uscendo da Inverarnan incontro subito le potenti cascate di Falloch che fanno eco in tutta la valle dopodiché, a testa bassa per non imbarcare troppo vento e pioggia, incomincio questa lunghissima giornata di cammino verso nord.

 

Oggi inizio a sentire la fatica non solo nei piedi ma anche nella schiena e nelle ginocchia: lo zaino sfiora i 10 kg per via delle scorte d’acqua e nelle salite il passo ne risente pesantemente.

 

Ci sono momenti durante la giornata in cui percepisco piuttosto chiaramente che la mente cerca di tendermi allettanti quanto seducenti agguati sotto forma di pensieri di ammutinamento generale visto il meteo malmostoso. 

 

Sul cammino però, come nella vita, possiamo sempre scegliere. 

Si tratta di armonizzare quell’incalzante ed eterno conflitto in cui scendono in campo agguerrite più che mai mente e cuore. 

 

E’ una marcatura a uomo, stretta, strettissima. Senza sconti.

E così, seppur nel costante dilemma tra il “fermati” e l'“avanza”, anche questa volta come in fondo, sempre, scelgo il cuore. 

Il corpo in certi momenti sembra gridare vendetta ma ormai mi so ascoltare e quindi lo assecondo con pause e promesse di massaggi che mantengo rigorosamente a fine giornata.

 

Oggi è anche il giorno dei segni. C’è chi mi ha fatto notare che “vediamo ciò che vogliamo vedere”. 

Da buona Junghiana sono più sulla vibrazione dell’”arriva sulla tua strada ciò che è giusto per te in quel momento”.

Anche se a volte la vera difficoltà è “vederlo”, “accorgersene”, “accoglierlo”.

 

Con oggi tocco i 104 km percorsi dalla partenza. Tanti? Pochi? Lì intitolerei: 104 km di emozioni. 

Per me questo è il cammino, attraversarmi, sentirmi, vivermi. E più di tutto: ascoltarmi. 

 

 

Tappa 5 Bridge of Orchy - Kingshouse, Glencoe

Oggi è la giornata della gratitudine, della felicità, della gioia. 

Inutile dire che con il sole tutto cambia, anche noi. Anche io.

Mi sento addosso i mille colori che mi circondano e una bella dose di vitamina D, dopo ieri, ci voleva!

 

Faccio colazione in un battibaleno come se fossi in ritardo e avessi un treno da prendere ma con il cielo e il sole che illuminano questa giornata scalpito e voglio raggiungere il prima possibile il sentiero. 

 

Per fare i primi 5 km ci impiego quasi un’ora e mezza: continuo a fermarmi, a guardare poi a fotografare poi a riguardare… Che tappa pazzesca!

 

Ad ogni passo percepisco il mio diventare parte del paesaggio e il paesaggio diventare parte di me. E’ una sensazione incredibile e difficile da descrivere perché totalizzante, immersiva, animica.

 

Da Inveroran inizia la traversata di Rannoch Moor. Il sentiero si snoda lungo una vecchia stradina forestale, costeggiando un vasto campo di erica arborea e una palude circondata dalle più selvagge montagne delle Highlands Scozzesi. 

 

Ma mano che avanzo la natura diventa sempre più avvolgente e inglobante regalandomi orizzonti mozzafiato.

Alcune montagne, neanche troppo lontane, sono ancora innevate, maestose e silenziose.

 

Imboccare questa valle significa sentire ogni volta un sussulto farsi largo nel cuore, un’inquietudine mista a meraviglia, come un fremito dell’anima.

 

E’ anche una giornata completamente esposta e il vento soffia gelido per tutto il tempo. Ma chi se lo ricorda? 

Forse solo la mia faccia stasera che sembra una lampadina accesa.

 

Oggi è anche la tappa dei cuori che nei pochi minuti in cui poggio gli occhi a terra sul sentiero mi vengono incontro.

 

Alla fine della giornata finisco con un’emozione che ancora mi rimbalza nella pancia adesso: incrocio due cervi reali e grazie alla fotocamera del cellulare riesco a vederli piuttosto vicini.

 

Stasera dormo alla Kings House Inn che esiste dal dal 1600 e che ancora nel 1800 era considerata così remota da essere accessibile “solamente all’aquila e ai suoi parenti pennuti”, come descritta di Charles Dickens.

 

Questa giornata è impressa a fuoco dentro a mente, corpo e anima.

 

 

Tappa 6 Glencoe - Kinlochleven

Tappa purtroppo fatta con un transfer causa neve.

 

Quando penserai al passato dirai: 

“è tutto perfetto”

Quando accade qualcosa dirai:

“va bene così”.

Quando accade un imprevisto dirai: 

“c’è un motivo”.

Quando qualcosa sfuggirà alla tua comprensione dirai:

“Capirò quando sarà il momento”

E se non lo capirai, significa che non devi, perché non ti serve.

 


Tappa 7 Kinlochleven - Fort William

Dopo un ricca colazione saluto con un abbraccio Michelle, la super e carinissima proprietaria del B&B, ringraziandola ancora per avermi permesso di usare tutto il pomeriggio la stanza per le sedute e mi rimetto in cammino.

 

Fuori da Kinlochleven il sentiero parte in una salita costante, ripida e sassosa fino a Lairig Mor. Quando arrivo in cima sono fradicia ma non posso fermarmi rischiando di prendere freddo perché da quel momento inizia a soffiare un vento impetuoso e incessante con raffiche fino a 80 km/h con cui devo combattere praticamente fino a destinazione.

 

Dopo il terzo arcobaleno in 7 giorni, che però non faccio in tempo ad immortalare, arrivo fradicia dentro e fuori a Fort William, la capitale scozzese dell’outdoor e del trekking.

 

Con oggi percorro l’ultima tappa della West Highland Way, un giorno considerato “glorioso” per tutti i camminatori soprannominati “Wayfarers” che sono partiti da Milngavie e attraverso le mille intemperie che rendono così incredibili e selvagge le montagne vulcaniche delle Highlands, arrivano finalmente a Fort William e possono dire “ce l’ho fatta”. 

E allora “I did it”!

 

Oggi mi volto diverse volte indietro sul sentiero mentre ripenso a quanta strada ho calpestato ma ancor più a quanta strada ho percorso dentro di me fin qui.

 

Domani, tempo permettendo, tenterò la scalata del Ben Nevis, la montagna più alta delle isole britanniche e simbolo della Scozia.

Sabato invece si riparte per gli ultimi 5 giorni di cammino lungo la Great Glen Way fino a Inverness con l’attesissimo incontro finale con il mostro di Loch Ness.

 

Intanto mi godo questo arrivo che non è mai una fine ma, come sempre, un nuovo inizio.

 

 

Tappa 8 Scalata del Ben Nevis

Stamattina l’incredibile cielo blu mi sovrasta immenso. 

La scalata del Ben Nevis parte poco fuori Fort William: questo significa dormire per due notti nello stesso letto, il che non mi sembra vero, e posso anche approfittarne per portare con me nello zaino solo lo stretto necessario senza i soliti 10 kg. Mi sembra di volare!

 

Oggi il tema che rimbomba in ogni parte di me è “i limiti”.

Il tema non è superare i propri limiti, sfidarli, ma è semmai esplorarli, scoprirli e rispettarli.

 

Il fatto è che la maggior parte di noi supera i limiti che non dovrebbe superare: supera i limiti del dolore, della sopportazione, della sopraffazione, della paura senza mai arrivare a sperimentare, invece, le proprie risorse, la propria forza, il proprio coraggio (che non pensa di avere).

 

Ho fatto fatica a scalare la montagna? Sì ma mi sono ascoltata: ho rallentato quando sentivo di essere in affanno, mi sono goduta il panorama e ho camminato sempre e solo seguendo i miei ritmi.

 

Sulla montagna, come nella vita, spesso la frustrazione nasce proprio dal cimentarsi in cose che non sono nella nostra natura o nelle quali non ci prepariamo adeguatamente e quindi, alla prima difficoltà o caduta, pensiamo di non esserne capaci. 

E allora: sulla montagna, come nella vita, non si “sale” senza essersi allenati, senza essere equipaggiati adeguatamente e soprattutto senza mettere consapevolezza in ciò che si fa. In ogni passo.

 

Come spesso racconto fino a 10 anni fa non mi sarei mai sognata di intraprendere un cammino come questo: avrei pensato che non sarei mai stata in grado di camminare per giorni e di scalare delle montagne. 

 

E allora: sperimentiamoci ma accogliendoci e ascoltandoci. E non rinunciamo senza averci almeno provato.

Godiamoci la strada con gioia, fermandoci quando ne sentiamo il bisogno. 

 

Dovremmo ricordarci più spesso che non abbiamo un tempo infinito. Semmai siamo esseri infiniti con un tempo determinato. Usiamolo bene.

Siamo felici.

 

Tappa 9 Fort William - Spean Bridge

Oggi sembra proprio che io debba “rispecchiarmi” in me stessa. La natura me lo chiede. Sono qui anche per questo. Eccomi. 

Tutto ciò che mi circonda e per tutta la durata della tappa mi accompagna ancestralmente verso una profonda, costante e multisensoriale introspezione dell’anima. 

Guardarsi, senza giudizio, è un affare complesso. 

In una vita in cui impera il confronto con tutto e tutti farsi notare garantisce il podio ma il conto può essere salato se ci si deve spingere oltre la propria natura e le proprie naturali inclinazioni. 

Eppure qui la natura mi insegna che non c’è proprio niente con cui confrontarmi, semmai posso mimetizzarmi ma non per confondermi ma per diventare un tutt’uno con lei. 

Un tempo eravamo questo: noi e la natura. Oggi siamo noi e… cosa? 

Passiamo giorni e settimane senza i suoi rumori, i suoi profumi, le sue vibrazioni. Viviamo “sconnessi”.

E così, immersa nei miei pensieri e nel mio camminare quasi metafisici, passo dalla montagne vulcaniche della West Highland Way alla Great Glen Way lungo il Canale di Caledonia, una delle opere più importanti d’Europa, capace di unire Oceano Atlantico e Mare del Nord. 

Il Caledonian Canal è lungo circa 100 km e va da Inverness (Mare del Nord) a Corpach, vicino a Fort Williams (Oceano Atlantico). Io lo sto percorrendo in senso inverso.

Il Canale, completato nel 1822, permise alle barche di evitare di circumnavigare la parte della Scozia o di passare oltre le Orcadi: 

navigare in quelle acque nordiche è una delle cose più pericolose ancora oggi.

Stasera quando esco dal pub del paese puzzo di fritto come se fossi stata io stessa immersa in olio bollente e cotta a puntino. 

Per fortuna Emma mi farà una fantastica lavatrice.

Scanso almeno per stasera, con grande gioia, il rito della bella lavanderina. 

-4 a Inverness.

 

Tappa 10 Spean Bridge - Invergarry

Oggi continuo la risalita verso nord che mi conduce prima lungo le sponde del Loch Lochy e poi del Loch Oich: questi due laghi preparano l’adrenalina e l’emozione nell’avvistamento del fratello più grande, il leggendario Loch Ness che incontrerò domani a circa metà tappa e che mi accompagnerà, fedele, fino a Inverness, la destinazione finale di questo cammino.

 

Oggi mi sento molto stanca e ogni scusa è buona per fermarmi. 

Ho ancora l’acido lattico nelle gambe dalla scalata del Ben Nevis che mi rende i polpacci duri e doloranti e la vescica che mi porto dietro ormai da giorni mi pulsa ad ogni passo. 

La fatica bussa. Anzi butta giù la porta!

Oggi poi il continuo si è giù non aiuta.

 

Penso allora a tutte le volte che ho provato fatica nella mia vita. 

La prima tipologia che ho incontrato è quella che definisco “impositiva”: è quella con cui cerchiamo di convivere quando ci imponiamo, per l’appunto, di fare qualcosa contro cuore, contro natura, contro voglia. 

Con questa prima fatica ho convissuto per anni quando avevo un’idea piuttosto distorta di sacrificio ovvero come di qualcosa di necessario e che più era doloroso e mi toglieva vita e più mi avrebbe elevato. 

Che terribile bugia. 

 

Poi ho incontrato la seconda. 

La fatica “del cuore” quella che in modo funzionale e sano ci accompagna, ci sospinge e ci sorregge verso il raggiungimento degli obiettivi dell’anima. 

Questa fatica è l’unica che oggi riconosco, dopo tanti lividi, perché è quella che mi permette di scegliermi ogni giorno e di rispettarmi.

 

E’ allora benvenuta a quella fatica che sento anche ora mentre scrivo, a quella fatica che a volte si, è vero, mi snerva e mi fa dire “ma chi me lo ha fatto fare” ma è la stessa che quando arrivo “in cima” si annulla e anzi si trasforma in: GIOIA. 

 

E allora che sia benedetta la fatica di oggi: sono un essere umano che prova dolore sì ma scelgo e sceglierò sempre questa fatica che mi porta dove mi allineo alla mia anima e alle mie emozioni. 

 

La riscelgo anche oggi. La ripeto domani.

 

 

Tappa 11 Invergarry - Invermoriston

Il menù di oggi propone bosco, bosco e ancora bosco fino a fine mattinata quando il sentiero mi spinge di nuovo sul canale di Caledonia. 

La giornata è letteralmente gelida, il vento ghiacciato e mi sembra di essere stata catapultata di nuovo in pieno inverno. 

 

Alcune imbarcazioni corrono veloci sul canale mentre io non perdo un metro, passo dopo passo, cercando di mantenere un’andatura tale che mi permetta di mantenere caldo il corpo attraverso il movimento. 

 

Verso l’ora di pranzo arrivo a Fort Augustus dove inizia, glorioso, il Loch Ness.

Purtroppo però il sentiero mi spinge subito verso l’interno e se non con brevi squarci, mi trovo immersa nella foresta per tutto il pomeriggio.

 

Per contro l’energia che gli alberi emanano mi infonde una pace senza tempo.

E non solo: gli alberi rilasciano i terpeni, dei composti organici aromatici i cui benefici sono riconosciuti ormai da anni dalla scienza con effetti benefici come la riduzione dello stress, il miglioramento del sistema immunitario, la sollecitazione alla produzione degli ormoni della felicità e molto altro.

Ecco perché quando cammino nella natura e nei boschi sono sempre felice! E dopo la doccia di foresta di oggi mi sento davvero rigenerata.

 

La caccia a Nessie proseguirà quindi domani quando il sentiero dovrebbe permettermi maggiore visuale sul Loch Ness e sui possibili avvistamenti.

 

 

Tappa 12 Invermoriston - Drumnadrochit

Stamattina la colazione se ne va nel giro di un’ora con la prima salita. 

Stile cervo e/o pecora scozzese arranco con modesta agilità verso la prima delle due ripide salite di oggi. Sfiancanti. Ma non mollo: alle 15 devo arrivare a Drumnadrochit la tappa di oggi nonché leggendaria patria di Nessie per una mini crociera sul lago Ness e quindi non indugio un attimo se non per qualche foto e per godermi alcuni scorci incredibili degni di una sosta emotivamente impagabile.

 

Una pioggerellina fine fine ma costante e incessante mi accompagna per tutto il giorno mentre la nebbia bassa rende l’avvistamento di Nessie sempre più difficoltoso. 

 

Oggi sento intensi e avvolgenti i profumi di licheni, di muschio e in generale dell’intero sottobosco mentre le conifere mi spingono veloci sempre più giù verso Loch Ness.

 

Un chiosco di fortuna mi salva dalla pioggia che mi si è insinuata ormai silenziosamente ovunque. Monopolizzo il termosifone per mezz’ora per asciugare l’asciugabile e riparto. 

 

Finalmente avvisto Nessie proprio sotto il castello di Urquhart e posso quindi finalmente dichiarare ufficialmente conclusa la caccia.

 

Stasera, seppure non mi piaccia, tento un whisky defaticante e deraffreddante… a domani per i risultati. 

 

 

 

Tappa 13 Drumnadrochit - Inverness

E dopo aver attraversato come una vera Highlander seppur moderna le montagne vulcaniche, i sentieri impervi e le cascate rombanti delle Highlands eccomi qui nell’ultima tappa che mi separa dalla capitale delle Highlands scozzesi, Inverness.

 

L’incontro con una piccola lumaca all’inizio del percorso arriva come una sorta di presagio non solo alla lentezza che oggi mi accompagnerà per via del raffreddore e della respirazione faticosa ma anche per via di quel desiderio di voler rimanere il più possibile e ancora con il silenzio della foresta, con la melodia degli uccelli, con i profumi del sottobosco e con quella pace interiore totalizzante che mi ha abitato in questi 13 giorni.

 

L’avvicinamento a Inverness diventa così una sorta di camminata meditativa e consapevole. 

 

Negli ultimi chilometri, come ogni volta che mi avvicino alla fine di questi miei cammini, vivo una moltitudine di sensazioni ed emozioni. 

Non è stato tutto rose e fiori, non è stato tutto un incredibile wow. Ho vissuto attimi di sconforto, di stanchezza, di smarrimento ma mai di paura. 

La paura ci rende schiavi e mina costantemente il nostro effettivo tempo di vita: paura di…, paura che…

 

E allora finisco questo cammino sotto la pioggia incessante, infreddolita, ma in nome del coraggio che non è spavalderia o una chiamata alle sfide gloriose ma semmai a quell’agire con il cuore nella fiducia che tutto ciò che accade, o non accade, è sempre la cosa giusta per noi.

 




 
 
 

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Guest
Jun 26, 2024
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