Pennine Way e Scottish National Trail, Inghilterra e Scozia
- Dott.ssa Elisa Allocco

- 3 mar 2024
- Tempo di lettura: 35 min
Aggiornamento: 19 apr 2024
Tappa 1: Edale - Padfield
Avevo riposto le miei più radicate, ancorate e vivide speranze nella serata nitida e frizzante di ieri ma stamattina, ancora immobile sotto le coperte nel buio della stanza, il ticchettio ritmato e incessante della pioggia sugli infissi di legno vanifica l’illusione di una partenza asciutta e soleggiata.
La vita può cambiare dalla sera alla mattina, spesso in un solo istante e la maggior parte delle volte lo fa quando meno ce lo aspettiamo e tanto meno lo desideriamo.
A volte è come una ballerina che danza con un ballo tutto suo e che ci fa oscillare costantemente tra il sorprenderci gioiosi ed eccitati e lo spiazzarci senza pietà scaraventandoci con violenza al tappeto. Boom.
Ma nella vita, come sul cammino,
non si può sempre aspettare che torni il sereno, che tutto sia incasellato in un cielo azzurro cobalto per le nostre migliori istantanee, che la temperatura sia perfetta per indossare il nostro abito più leggero e colorato.
Per cui mi armo di coraggio e inizio a camminare sotto una pioggia che mi tormenterà per tutto il giorno fino alla destinazione finale di oggi.
Il Pennine Way inizia con un cancello, il primo dei 287 totali presenti sull’intero percorso. Varcata la soglia entro nel Peak District National Park con i suoi prati verde smeraldo, le sue imponenti rocce… e le sue maledette torbiere!
La prima tappa mi colpisce dritta sul naso sfidandomi nella salita a tratti davvero impervia sul Kinder Scout, la prima montagna della dorsale rocciosa che attraversa l’Inghilterra e su cui continuerò a camminare anche nei prossimi giorni.
Ad aiutarmi nell’arrampicata, mentre mi barcameno tra pioggia, vento e a tratti la bufera, ci sono alcune lastre di pietra che sono state posizionate, negli anni, nelle zone dove le torbiere sono inzuppate di così tanta acqua che se ci camminasse sopra si sprofonderebbe come in un buco nero fino all’altezza delle ginocchia. Sono delle vere e proprie voragini: le chiamano le sabbie mobili inglesi.
L’ansia di caderci dentro mi sfiora in un paio di momenti: le lastre aiutano, sì, ma in alcuni tratti sono sommerse a loro volta dall’acqua e non c’è scampo dall’immergere completamente gli scarponi sperando di rimanere in piedi.
Oggi attraverso uno dei paesaggi più remoti e selvaggi del Regno Unito. In cima al Kinder Scout la possibilità di perdersi è alto per la foschia a tratti densa come un muro e per la mancanza del sentiero. Per fortuna il gps mi conduce fuori dalle torbiere, indenne.
Quando scollino la pioggia mi da una tregua di un’ora e riesco ad intravvedere le colline incredibilmente affascinanti che delimitano il Parco Nazionale.
Il fragore delle cascate del Kinder mi fanno da bussola fino al plateau di circa 12 chilometri dove mi devo cimentare ad attraversare un torrente con argini piuttosto ampi e una forte corrente. Vado avanti e indietro per quasi 15 minuti per cercare il punto dove guadarlo ma i massi su cui saltare mi sembrano sempre al limite del rischio di cadere in acqua. Poi mi fermo, prendo un respiro profondo e ricomincio a cercare il punto. Una roccia a forma di cuore mi indica il passaggio. Conquisto in 3 balzi la sponda opposta.
Sono distrutta e stremata ma mancano ancora 10 chilometri, 10 infiniti chilometri.
Quando intravvedo il cartello del B&B vivo come una commozione.
Faccio la doccia, lavo tutto quello che ho addosso, asciugo gli scarponi con il phon, caccio due ragni dalla stanza e finalmente ceno. Quasi mi emoziono davanti al piatto di pasta.
Distrutta vado a letto.
Domani è un altro giorno, si vedrà.
Tappa 2 Padfield - Diggle
Superata la diga di Padfield inizia la profonda e autentica brughiera inglese, quella di Joseph Conrad, di Jane Austin e delle sorelle Brontë. In una parola: poesia.
Un’altra giornata in completa solitudine sulla schiena impervia dell’Inghilterra che si mostra nella sua veste ancor più remota e silenziosa sotto un cielo che trattiene, in un solo colpo d’occhio, mille umori e infiniti colori.
Mentre cammino corrono a perdita d’occhio le piante di eriche e di brigo. Solo le pecore, disseminate come formiche bianche sulle colline, interrompono questo paesaggio che ha il potere di ipnotizzarmi.
Oggi finalmente c’è il sole. E tutto cambia: cambia l’energia, cambia la prospettiva, cambiano i colori, le sensazioni, le emozioni.
Nonostante il meteo sia dalla mia parte, anche la tappa di oggi si fa, in molti tratti, molesta. Le torbiere che assillano, il fango che non demorde, i saliscendi che spaccano le ginocchia e i continui torrenti da attraversare.
Oggi impiego quasi 1 ora ad attraversarne uno: percorro la sponda per centinaia di metri a nord e sud ma non trovo massi in superficie ad una distanza onesta per tentare. Se non riesco a passare devo rinunciare alla tappa.
Come accadde spesso nella vita, però, capisco però che sto ingigantendo il rischio per via delle paure: ho paura che lo zaino mi faccia perdere l’equilibrio, ho paura di scivolare e mi vedo addirittura già caduta nell’acqua.
Così non funziona.
Decido di tornare indietro e provare nel punto che mi sembra meno rischioso. Tentenno un paio di volte e poi percepisco esattamente la potenza
del mio corpo e in 4 balzi attraverso il torrente.
Ho compreso già al secondo giorno che le montagne inglesi ti prendono in giro: quando sali ti sembra sempre di vedere la cima. Poi, quando la raggiungi,
inizia un infinito plateau che ti mostra la cima successiva e poi ancora e ancora.
L’obiettivo di oggi è scollinare la Black Hill tra continui sali e scendi e le maledette torbiere!
Arrivata in cima, però, la vista è un tripudio di colori, di potenza sconfinata e di amore puro. Voltandomi posso vedere il torrente che mi ha accompagnato per chilometri e che compie un zig-zag nel mezzo della valle vellutata e cangiante.
Mi sembra un quadro pronto per essere appeso.
Gli ultimi chilometri sono dinuovo stremanti. Ho male alla schiena, ai polpacci e mi rendo conto che ho rallentato parecchio il passo. Sono esausta. Solo alle 19 raggiungo la destinazione di oggi, un miraggio che si fa materia!
Oggi ho definitivamente compreso perché il Pennine Way è considerato il sentiero più impegnativo dell’Inghilterra!
Tappa 3 Diggle - Mankinholes
Con oggi inizia ufficialmente la stagione delle gambe di legno. Quando suona la sveglia e scendo giù dal letto sembro un soldatino di piombo pronto per marciare.
Dal vetro della finestra della camera la nebbia è così fitta da non vedere il lato opposto della strada.
Ci risiamo. Il tempo di fare colazione e inizia a piovere.
Dopo 2 ore di nebbia mista a pioggia e nonostante l’attrezzatura, l’acqua che scende è cosi fredda che inizio a sentirla sulla pelle e inizio a tremare. Sento che il mood dello sconforto si sta facendo strada dentro me. Proprio in quel momento, come per magia, mi compare sullo sfondo della collina, a qualche centinaia di metri, un container verde scuro con una canna fumaria che sta buttando fuori aria calda.
Avvicinandomi capisco che si tratta di un container adibito a ristoro posizionato nel bel mezzo del nulla. Una manna dal cielo! Una sorta di miracolo che ancora adesso non mi so spiegare.
Mi bevo una cioccolata bollente, cerco di riscaldarmi e riparto.
Oggi mi aspetta la Blackstone Edge, una scarpata di massi di graniglia circondata dalle brughiere che sorge al confine con il West Yorkshire.
Con tempismo perfetto, durante la salita, smette anche di piovere mentre si alza un vento gelido che sembra provenire da un’altra epoca, lontanissima. Il cielo plumbeo che sovrasta minaccioso tutta la valle mi provoca quasi un sussulto nel petto. Per alcuni minuti entro come in una finestra senza tempo, immersa nel silenzio, in quella solitudine che in realtà mi fa sentire di essere parte di un tutto. E mentre l’emozione mi pervade il corpo, inizio a piangere di gratitudine.
Sono grata per questa vita che è tutto ciò che ho, sono grata alle mie gambe che mi hanno portata fin qui, sono grata di avere la salute per poter compiere questi cammini e di avere la fortuna di essere parte e testimone degli istanti che sto vivendo.
Quando riparto, un grande masso a forma di cuore con a sua volta una macchia bianca con la medesima forma, mi compaiono all’improvviso sul sentiero.
Inevitabilmente il mio pensiero va a mia madre e a quello che dopo tanti cammini e tanti “incontri” fatti di segni e segnali, posso definire ormai “il nostro linguaggio dell’anima”.
Durante l’attraversamento dell’ultimo plateau intravvedo la guglia color antracite di una chiesa che svetta dietro ad una collina color senape. Deduco che la destinazione di oggi sia vicina.
E infatti, dopo una ripida discesa, arrivo al piccolo cottage che mi ospita stasera.
Domani danno allerta meteo da metà mattinata in poi. Dovrò trovare un piano B.
Tappa 4 Mankinholes - Cowling
Oggi il maltempo mi costringe a mezza giornata di fermo rispetto alla mia tabella di cammino ma a volte è un bene che l’universo distrugga i nostri piani, altrimenti i nostri piani distruggerebbero noi…
Ci sono situazioni in cui, seppure non si vorrebbe, bisogna sapersi fermare, bisogna imparare a non forzare e al contrario lasciare che le situazioni fluiscano senza intervenire, senza contrastare, senza forzare.
Non tutte le “tempeste” arrivano per distruggerci, anzi. Molte arrivano proprio per rendere più chiaro il nostro cammino.
Con una piccola deviazione dal sentiero, stamattina raggiungo Hebden Bridge, cittadina che è stata definita, dal British Airways magazine, il 4^ paese più funky del mondo.
Un delizioso borghetto 100% English style che conserva un’atmosfera antica abbracciando l’arte, la musica e il teatro.
Destino vuole che mi trovi qui proprio nel week end in cui la cittadina ospita il Vintage Week End, evento in cui la maggior parte dei suoi abitanti scende per le strade per sfoggiare abiti di altri tempi con una immedesimazione tale da sembrare di essere catapultata in un’altra era.
Hebden Bridge mi regala anche l’esperienza di ammirare l’arte antica con cui i battelli risalgono ancora oggi il Canale di Rochdale: ci vogliono ben 4 persone per aprire ogni volta le porte che permettono alle imbarcazioni di risalire il Canale che scorre lungo la cittadina, aspettando che il livello dell’acqua ne permetta la navigazione. Semplicemente affascinante!
Stasera mi fermo a Cowling, ospite della fantastica Angelique, che mi accoglie come una figlia che fa ritorno a casa e del suo coccolosissimo gatto Tiger.
A volte non esistono sconosciuti, ma solo amici che non abbiamo ancora incontrato.
Grazie Angelique per questa amicizia che ci aspettava da sempre.
Tappa 5 Cowling – Malham Cove
Stamattina saluto Angelica che va a messa alle 8, do un’ultima carezza a Tiger, faccio colazione e parto.
Il sentiero si inerpica per 10 km sulle colline attraversando campi infiniti di letame. Vano il mio tentativo, meglio riuscito con le torbiere, di uscirne indenne. Scivolo, infatti, e nel cercare di non caderci dentro con tutto il corpo, mi ritrovo con una mano completamente immersa fino al gomito nella “emme” mentre con uno sforzo immane sorreggo il peso di me stessa e dello zaino.
Ecco, c’è sempre una prima volta… per me lo è stato oggi. Per fortuna ci sono una serie gli abbeveratoi per le mucche ai bordi di questa gigante latrina e faccio del mio meglio per tornare linda…
Tra quella calpestata e questa esilarante esperienza credo di essere in una botta di ferro di fortuna da qui all’infinito.
Ieri sera a cena a casa di Angelica, c’erano due suoi amici, Paul e Claire che oggi mi aspettano nella loro casa a Gargrave, più o meno a metà tappa, accogliendomi nella loro casa con un super sandwich, un ottimo caffè e forti abbracci. Ci vedremo in Italia anche con loro!
Da qui iniziano gli ultimi 11km che mi separano da Malham Cove, dove mi fermerò per la notte.
Durante la tappa sento finalmente che sto lasciando andare i pensieri tipici della prima fase del cammino dove la mente è per lo più immersa nei suoi rimuginii.
Comprendo che con oggi inizia la fase più introspettiva, quella del viaggio profondo dentro di me che è quella che mi spinge ogni volta a rimettermi in cammino. Questa magia, una volta che si prova, è irrinunciabile.
E’ da qui che nascono per me i movimenti dell’anima quelli in cui arrivano risposte e intuizioni di vita.
Stasera dormo on un pub con camere a Malham, nel parco nazionale dello Yorkshire Dales. Questa località, famosa per essere una delle bellezze naturali più spettacolari d'Inghilterra, è anche conosciuta come la culla dell'arrampicata sportiva in Gran Bretagna.
Pur con 31 km nelle gambe, vado a dormire leggera nel cuore.
Tappa 6 Malham Cove - Horton in Ribblesdale
Sei giorni di cammino e ancora nessun camminatore che stia percorrendo la Pennine Way. O meglio: la maggior parte delle persone sono inglesi che fanno escursioni di una giornata per poi tornare a casa.
Stamattina la giornata incomincia con un spettacolo a dire poco sublime: con l’arrampicata sul Malham Cove, una volta in cima, è possibile ammirare le formazioni calcaree costituite da una serie di lastre che sembrano come cesellate, una ad una, dalla potenza di una cascata esistita nel periodo dell’Era Glaciale.
Da quassù la prospettiva cambia completamente aprendo scenari e visuali incredibili: penso a come a volte cambiare la nostra posizione nella vita, il nostro angolo percettivo con cui cerchiamo di dare un senso all’universo, ci possano permettere di entrare in contatto con mondi e realtà che non avremmo mai immaginato.
Se non fossi salita in cima non avrei mai potuto godere di tanta bellezza! Quante cose ci perdiamo o non consideriamo quando siamo radicati nei nostri punti di vista? Nelle nostre convinzioni?
Dopo Malham Cove mi aspetta una lunghissima e costante salita, tra le eriche, fino a Fountains Fell. Niente a confronto con la Pen-y-ghent, una delle Yorkshire Three Peaks che mi trovo immensa e imponente davanti nel primo pomeriggio.
Un vento pazzesco rende la salita davvero sfiancante e in alcuni tratti, con il sentiero esposto, bisogna davvero avere un passo sicuro.
I 3 “Peaks”, che fanno parte del Pennine range, circondano la valle del fiume Ribble nel Parco nazionale degli Yorkshire Dales e sono una delle mete più ambite dagli hikers inglesi.
Nonostante il cielo minacci in diverse occasioni la pioggia, quasi per miracolo arrivo a Horton in Ribblesdale, la destinazione di oggi, asciutta.
Tra al massimo un paio di giorni avrò bisogno di fare rifornimento di viveri e forse di una farmacia ma in 6 giorni non ho ancora visto nè un alimentari e nè una farmacia.
Sto percorrendo un sentiero davvero remoto interrotto da qualche pub con camere e qualche cottage. Vedremo.
Intanto stasera vivo un’esperienza diversa e speciale dormendo in un micro lodge, che gli inglesi chiamano Pod. Mi sembra di essere in una piccola bomboniera di legno dalla quale posso ammirare la brughiera e le montagne.
Stanca ma grata, vado a dormire.
Tappa 7 Horton in Ribblesdale - Hawes
Quanta potenza questa natura inglese!
Nonostante oggi sia una tappa per certi tratti “ipnotica” per via della ripetitività del paesaggio, i colori e i profumi riescono a infondermi, in ogni centimetro cubo di mente corpo e anima, una pace e una serenità che mi avvolgono e accompagnano per tutta la tappa.
Oggi i cieli della United Kingdom mi regalano un sole splendido che illumina ogni mio passo e una temperatura più mite rispetto ai giorni scorsi. I muretti di pietra che, come sentinelle, corrono lungo la gran parte del sentiero, mi proteggono nei tratti esposti dove il vento soffia forte rincorrendo l’erba fin sù, sulle spalle delle colline color verde smeraldo.
Oggi, dopo una settimana di cammino, inizio ormai a convivere costantemente con fastidi e dolori sparsi un pò in tutte le parti del corpo. Eppure ci sono altri momenti in cui, sono così immersa in me stessa e nella meditazione camminata, che mi dimentico del corpo, quasi a intuire che esista là, da qualche parte dentro di me, la capacità di estraniarmi dal dolore, dalla fatica, da quella umanità fatta di carne, di tendini, di legamenti, di acido lattico. Quasi posso sentire che esiste una parte di me in cui abita il potere di sollevarmi e di dispensarmi dalla sofferenza. Fisica e non.
Oggi seguo le rotte dei cavalli da soma e delle strade romane attraversando colline infinite con l’erba che fruscia nel vento fino a Hawes, il fine tappa.
Per arrivarci una discesa violenta, su rocce appuntite e traballanti, mi tormenta e devasta i piedi.
Ma tutto bene, sono arrivata!
Stasera un fantastico Halibut per cena e poi il bellissimo, fantastico, insostituibile… letto.
Tappa 8 Hawes - Keld
La prima parte della giornata inizia con un sole che cerca con tutto se stesso di essere l’unico protagonista della tappa. Purtroppo, però, già a metà mattinata il vento forte che spira da ovest porta con sé nuvole e freddo.
Oggi affronto l’ascesa del Great Schunner Fell. Su questo cammino il problema non è tanto l’altezza delle montagne ma come ci si arriva quando bisogna scalarle. I continui saliscendi che costellano tutte le giornate, infatti, spaccano le ginocchia rendendo poi le scalate un’intensa sfida fisica (oltre che mentale ed emotiva).
A metà mattina un pastore sui 75 mi supera al doppio della mia velocità. Subito la mente parte con i suoi voli pindarici attaccandosi a pensieri come “ecco ti ha superato”, “stai andando piano”, “ti fai superare da un vecchietto?”… etc etc.
Poi, siccome sto attraversando la seconda fase del cammino che è quella maggiormente introspettiva e dove la mente ha poca presa, mi viene piuttosto facile riconoscere che il mio passo è il mio e che ne sono fiera perché mi continua a portare su tutti i miei cammini, in tutte le condizioni meteo.
Quello che importa veramente, invece, è che io sia fedele a me stessa, alla mia fisicità, ai miei limiti e alle mie attitudini e soprattutto all’equilibrio di corpo, mente e anima.
Quante volte sul lavoro, nelle nostre relazioni, con gli amici, in uno sport, entriamo in competizione ancor prima con noi stessi che con gli altri? Una competizione che ci indurisce dentro perché è autogiudicante e perché ci impedisce di evolverci. Una rigidità che provoca in noi sentimenti di inadeguatezza, di incompletezza, minando la nostra autostima. Ne vale la pena?
Semmai vale la pena metterci piuttosto in contatto con quel dono o quei doni che ci abitano da quando siamo nati e che hanno il potere di riportarci al centro di noi stessi; importa onorarli e ancor più importa condividerli con il resto del mondo, perché questo è il motivo per cui siamo qui, su questa terra dando un senso alla nostra esistenza.
Come fare a capire qual è il nostro dono? Facile: ciò che ci viene meglio, con meno sforzo e quindi con più facilità è il nostro dono.
Stasera, esausta, mi accolgono nel loro lodge Neil e Karen: non c’è altro attorno a questo posto meraviglioso se non la brughiera e il vento che soffia.
Una cena assaggiando il famoso formaggio locale del Wensleydale per poi cadere nelle braccia di Morfeo.
Buonanotte.
Tappa 9 Keld - Middleton in Teesdale
La giornata inizia in salita, ma in senso figurato, con l’incursione aggressiva ed estenuante di insetti volanti di tutti i generi e dimensioni lungo tutto il sentiero. Per fortuna, tra le diverse varietà che mi massacrano oggi, non ci sono i temutissimi Midges, i feroci moscerini più temuti di tutta la United Kingdom.
Dopo mezz’ora che cammino inizio ad avere bozzi sul collo, sulle braccia, sulle mani...
Oggi non solo non c’è vento ma ci sono ben 24° che per gli inglesi che vivono in queste zone è un evento atmosferico straordinario. Così straordinario che la combinazione delle due varianti caldo + bonaccia, con in aggiunta le infinite torbiere inzuppate d’acqua, fanno si che il sentiero diventi l’habitat perfetto nonchè la prediletta mangiatoia per questi insetti malefici.
Nonostante le continue salite per le quali sudo come un cammello nel deserto e nonostante la temperatura, sono costretta a mettermi la felpa per coprire il più possibile la pelle: risultato sono fradicia di sudore come se stessi camminando in una serra.
La guerra dura più o meno per tutta la giornata. Questo mi obbliga a camminare più velocemente, a tratti quasi corro per scappare dalle incursioni, non riuscendo a fermarmi salvo essere mangiata viva all’istante.
Per fortuna mi ricordo di avere con me un boccettino con dentro uno spray insetticida che un pò aiuta ma di certo non fa i miracoli.
Aldilà del fattore mosquitos, che comunque disturba pesantemente la tappa di oggi, mi trovo ancora ad attraversare sconfinate brughiere e cangianti eriche fucsia.
Dopo sette ore di cammino senza neanche una vera e proprio sosta e senza mangiare, arrivo esausta alla fattoria dove sono ospite stasera.
Ad aspettarmi, oltre a Carol e Peter, 3 fantastici cavalli che mi accolgono con il loro sorriso più bello.
La fattoria è idilliaca, Carol e Peter due padroni di casa meravigliosi e nonostante la giornataccia riesco a godermi la serata e a rilassarmi.
Tappa 10 Middleton in Teesdale - Langdon Beck
Stanotte ho dormito come un sasso, distrutta ma felice di aver trascorso una serata indimenticabile a chiacchierare con Carole e Peter.
Al mio risveglio, dalla finestra,
posso vedere i cavalli pascolare liberi e gioiosi nella terra adiacente alla fattoria. Mi sembra quasi di sognare ad occhi aperti.
Carole e Peter mi aspettano puntualissimi per la colazione in outfit da Chef e sono davvero deliziosi! Ieri sera siamo rimasti a parlare fino a tardi e stamattina, dagli abbracci scambiati per salutarci, posso percepire e sentire che si è creata una connessione forte che ormai fa parte di me.
Oggi è il 10º giorno che cammino.
A dire il vero sono molto stanca e devo curare specialmente i piedi che sono sfiancati dal continuo frenare dentro agli scarponi su e giù per il sentiero.
Mancano ancora quasi due settimane per raggiungere Edimburgo: c’è ancora tanta strada davanti da percorrere con il corpo, ma anche tanta strada da attraversare dentro di me.
Oggi, in tarda mattinata, costeggio e ammiro le fruscianti cascate di High Force.
Quando riprendo il sentiero verso Longdon Back, la destinazione di stasera, succede una cosa incredibile.
Ieri sera ho raccontato a Carole e a Peter del fatto che mia madre si fosse manifestata per la prima volta qualche giorno dopo la sua morte sotto forma di farfalla, nel mese di dicembre, sul terrazzo del mio appartamento di Milano in una stagione e in un luogo piuttosto improbabili per incontrarne una. Ecco: mi è bastato raccontare questo evento e accendere questo ricorso per trovare la stessa medesima farfalla, appoggiata su una foglia, ad aspettarmi sul sentiero. Nonostante le stia vicinissima non accenna a volare via per tutto il tempo che le sono a pochi centimetri di distanza ed è come
se mi parlasse.
Ormai lo so, le coincidenze non esistono. Esiste la sincronicità degli eventi e poi esiste l’anima che nella natura sa vedere,
parlare ed ascoltare in un modo diverso da quelli a cui siamo “costretti” nella vita incasellata di tutti i giorni.
Grazie mamma per questi incontri per i quali non smetterò mai di continuare a camminare e venirti a cercare.
Tappa 11 Langdon Beck - Dufton
Oggi una tappa affascinante che diventa però molto tecnica da metà percorso in poi e quindi complicata da gestire fisicamente considerando anche l’aggravante del meteo che improvvisamente vira prima verso la pioggia e poi verso la tempesta. Il tutto condito con una costante di raffiche di vento tra i 70 e gli 80 Km orari che in alcuni momenti, nelle parti più esposte, mi spostano letteralmente da una sponda all’altra del sentiero.
In alcuni punti mi sale un pò di ansia per la quasi totale non visibilità e per questo meteo che mi rema contro senza sconti.
Un paio di volte devo usare il
Gps per rimettermi sul sentiero e non finire Dio solo sa dove.
Mi trovo poi più volte a scalare il dorso di colline piene di massi scivolosi in cui devo aiutarmi con le mani per avanzare mentre il torrente Tees mi spinge senza tregua dal fianco sinistro obbligandomi a prestare attenzione anche alla sua presenza, vicinissima in caso di perdita di equilibrio…
La cascata di Cauldron Snout è un’altra bella sfida con i sui massi bagnati e verdastri che riesco a superare, anche in questo caso, solo con l’aiuto delle mani. Una vera e propria scalata per via dello zaino che altrimenti mi sbilancerebbe all’indietro.
Finalmente, a pomeriggio inoltrato, arrivo seppure ancora con la tensione in corpo, nel villaggio di Dufton, nella Eden Valley. Improvvisamente la montagna aspra e inospitale si tramuta in una campagna tranquilla con dolci colline. Mi sembra di aver preso un aereo ed essere atterrata altrove.
Stanotte mi fermo a dormire in un accogliente ex capannone per vasi, originariamente costruito nel 1882 con la spessa arenaria di Lazonby.
Dopo una cena nell’unico Pub del paese, che è lungo qualche centinaio di metri, torno in camera dove inizio a sentire il fragore di tuoni.
Purtroppo domani è previsto tempo molto brutto e la tappa prevede l’attraversamento di 3 montagne e di una delle zone con i venti più forti di tutta l’Inghilterra. Al mio risveglio dovrò capire come pianificare al meglio la tappa. Qui non si scherza! Oggi ho avuto un assaggio di quanto può essere ostile questa terra.
Tappa 12 Dufton - Alston
Al mio risveglio le previsioni meteorologiche infauste diventano, purtroppo, realtà.
Le tre montagne che dovrei attraversare, il Great Dun Fell, il Knok Fell e il Cross Fell sono sorvolate da nubi nere e minacciose mentre una coltre di nebbia che sembra inscalfibile le ricopre completamente.
Purtroppo oggi devo rinunciare alla tappa. Con questo tempo la possibilità di perdersi, cadere o chissà cos’altro è altissima. Non vale la pena rischiare.
Nonostante mi dispiaccia profondamente la rinuncia mi fa provare anche pò di sollievo per lo stress e l’ansia che avrei avuto addosso trovandomi su quelle montagne famose per le temperature più inclementi e le raffiche di vento più violente di tutta l’Inghilterra.
Con gli anni, certo, ho imparato che non sempre essere impavidi ripaga. Anzi. A volte non perdona proprio.
E in fondo, come diceva Marilyn Monroe, arrendersi non significa sempre essere deboli, a volte significa essere forti abbastanza da lasciar perdere.
Quindi non voglio e non posso dimenticare la lezione di ieri quando, ad un certo punto, mi sono persa sulla montagna con la nebbia, nel mezzo della tempesta.
Se non impariamo dalle esperienze è li che abbiamo veramente perso, è lì che siamo sconfitti ancor prima di ri-viverle.
Il tema di oggi è quindi come raggiungere il fine tappa con un mezzo pubblico dato che non c’è modo di raggirare le montagne con un sentiero che passi a fondo valle.
Ma oggi è anche domenica e nessun mezzo pubblico funziona a Dufton.
Entro nell’unico bar del paese e il proprietario, gentilissimo, dopo 10 chiamate trova finalmente chi mi può dare un passaggio.
A fine mattinata arrivo ad Alston.
Il cielo si squarcia per un quarto d’ora, giusto il tempo per scattare due foto in cui si intravveda un pò di azzurro.
Nel paese è tutto chiuso… ci sono solo 3 alberghetti che sono aperti perché hanno il ristorante accessibile anche agli esterni.
Ne scelgo uno e cosa accade? Che la persona che mi accoglie mi dice “Elisa?”. Io penso: ma come fa a saperlo?
Eccomi servito un’altro evento sincronico: ho ovviamente scelto l’hotel in cui lavora la proprietaria del B&B dove dormirò stanotte.
Nel pomeriggio tento un paio di volte di fare una camminata ma il vento forte e la pioggia scrosciante mi intimano violentemente di rientrare. Obbedisco.
Una giornata così, persa da un lato ma guadagnata per piedi, gambe e schiena.
Purtroppo domani c’è l’allerta gialla per la pioggia per cui quasi sicuramente dovrò dinuovo pensare ad un piano b.
Tappa 13 Alston - Greenhead
E ci risiamo con la pioggia torrenziale. Ma gli inglesi, mi domando, come fanno a vivere in questo paese con un meteo così infausto?
Nella sfortuna oggi incontro la fortuna che prende il nome di “Nigel e Catherine”.
Il nord dell’Inghilterra è sott’acqua. Me lo conferma anche Carole dell’@hunterhousefarm con cui mi sto sentendo praticamente tutti i giorni. “Lovely girl”.
Oggi poi la guida del Pennine Way intitola la tappa “un giorno da dimenticare” non solo perchè il paesaggio risulti noioso e insulso - si tratta di una tappa puramente logistica - ma anche perché ci sono le peggiori torbiere di tutto il cammino.
A dire il vero, quando arrivo al B&B in tarda mattinata, Nigel mi accoglie con un fantastico caffè fatto con la moka italiana e mi conferma che non solo non mi sono persa nulla ma che l’anno scorso con questo meteo una ragazza è arrivata con il fango fino all’ombelico.
Ecco: va bene fare l’avventuriera, la psicologavagabonda, la camminatrice seriale in solitaria ma il fango fino all’ombelico scelgo anche di evitarlo e lo faccio con gioia.
Gli ultimi giorni sono stati anche fin troppo ostili.
In compenso faccio un’esperienza incredibilmente interessante grazie alla sapiente guida di Catherine che mi accompagna lungo la scoperta del Vallo di Adriano, Il muro che ha rappresentato il confine più settentrionale dell'Impero romano in Britannia per gran parte del periodo di dominio romano su queste terre. Una significativa porzione del vallo è ancora esistente in particolare la parte centrale e per gran parte della sua lunghezza il percorso del muro può essere seguito a piedi. Che è quello che mi auguro di fare domani!!!
Nel frattempo mi godo una cena in un delizioso pub e inizio con la danza del sole.
Chi mi vuole bene, per favore, abbia un pensiero il più possibile vicino al cielo azzurro, per me per domani. Grazie!
Tappa 14 Greenhead - Once Bewed
Al mio risveglio in cielo ci sono letteralmente 50 sfumature di grigio. Non importa. Devo avanzare.
Dopo aver fatto una foto con Catherine e con l’elmo dei soldati romani, dopo mille abbracci, mi rimetto incammino.
Un’altra amicizia che porto con me lungo questo viaggio.
Oggi mi sento davvero una soldatessa romana che marcia lungo il vallo del suo imperatore Adriano per controllare che non arrivino nemici all’orizzonte.
Dopo 1 ora circa dalla partenza trovo un cuore sul sentiero: segno che sarà una buona giornata. E infatti così sarà.
A parte l’attraversamento della foresta di Wark, dovenonci tro per la prima volta dopo 14 giorni di cammino un bosco con fitti alberi, gran parte della tappa di oggi costeggia il vallo di Adriano con continui e violenti saliscendi che mi mettono a dura prova i polpacci.
In tarda mattinata, come per magia, nel cielo si apre un piccolo squarcio di azzurro che finisce per allargarsi piano piano fino a regalarmi paesaggi con una profondità e colori indescrivibili.
E’ emozionante, seppure faticoso, caminare su queste terre così remote e piene di storia. In alcuni tratti, quando appoggio le mani
sulle pietre del muro, chiudendo gli occhi mi sembra quasi di poter sentire il rumore dei passi dei legionari che marciano.
Sto attraversando il Northumberland National Park.
La seconda parte della giornata, quando esce il sole, mi trova con un sorriso stampato in faccia che mi fa sentire quasi ebete ma sono così felice che non abbia piovuto che mi sento euforica e piena di buon umore.
Stasera dormo al Twice Brewed Inn, la storica birreria del Parco Nazionale di Northumberland.
Sono a circa 4 giorni di cammino dal border con la Scozia e a 9 da Edimburgo.
Se guardo la cartina mi sembra incredibile vedere quanta strada io abbia fatto da Manchester e fino a qui.
Quando in questi cammini mi guardo indietro e osservo cosa sono stata in grado di fare, penso sempre a quanto spesso i nostri limiti siano davvero un ostacolo per accedere cose uniche e meravigliose.
Tappa 15 Once Brewed - Bellingham
Oggi inizio la giornata con una vena di romanticismo davanti al “Rapish Gap”, l’albero di sicomoro più fotografato d’Inghilterra.
Il suo nome alternativo deriva dalla presenza in una scena di spicco del film del 1991 Robin Hood: Prince of Thieves. L'albero ha vinto il premio England Tree of the Year 2016. E’ davvero magico.
Anche oggi ho la fortuna di avere il sole dalla mia parte per tutta la giornata.
Costeggio il vallo di Adriano per circa 5 km poi il sentiero fa una virata brusca a sinistra puntando dritto verso la Scozia.
Una giornata faticosa fisicamente ed emotivamente per via di una deviazione che a fine giornata mi fa sfiorare i 31 km percorsi.
A mezzogiorno attraverso le peggiori torbiere di tutto il cammino. Non lo nascondo: per un’ora pronuncio molte… molte parolacce. Ovunque metta i piedi sprofondo nel giro di qualche centesimo di secondo e più mi fermo per cercare di capre dove mettere l’altro piede per avanzare e più gli scarponi iniziano a sprofondare giù sempre più giù nell’acqua.
Ad un certo punto diventa più una corsa che una camminata: inizio a non fare più troppo caso a dove appoggi i piedi perché ho capito che è totalmente inutile. Anzi: più sosto e più le sabbie mobili inglesi mi inghiottiscono. Una sensazione orribile!
Nonostante gli scarponi siano in Gore-Tex le ultime quattro ore di cammino ho i piedi completamente fradici.
Finita la crociera sulle torbiere, attraverso una zona con una discreta varietà di alberi che mi ricorda un pò i paesaggi della Norvegia, la scorsa estate.
L’ultima salita per arrivare a Bellingham, che si inerpica tra rocce e fango, mi da il colpo di grazia. Sono sfinita.
Gli scarponi pesano quintali zuppi di acqua e ora anche di fango e gli ultimi km sembro Armstrong che cammina sulla luna, al rallenty.
Davvero impegnativa questa Inghilterra che obbliga costantemente il mio Sè, più che in tutti i miei cammini precedenti, a lavorare per tenere insieme e armonizzare le esigenze estremamente diverse di mente, corpo e anima.
Ma al momento posso dire che, seppure tutte un pò provate, mi sembrano ancora ben motivate e intente a proseguire. Quindi, con tutte le mie parti, continuo verso Nord.
La meta si avvicina.
Tappa 16 Bellingham - Byerness
Oggi è una tappa faticosa emotivamente ancor prima che fisicamente: è una giornata che porta malinconia tirandomi indietro e che al contempo chiama coraggio per andare avanti.
Stamattina ricevo un vocale dalla migliore amica di mia madre che non sento da qualche tempo e che mi sta seguendo nel viaggio.
Anche per me, cara zia Lucy, tutto è crollato in quel fatidico 16 dicembre del 2014 ma si è anche spalancata una grande porta.
Racconto sempre che la morte di mia madre è stata la mia rinascita: certo, vorrei con tutta me stessa che lei fosse ancora qui, su questa terra, ma attraverso l’accompagnamento che mi sono trovata ad affrontare al suo fianco ho compreso la mia vera vocazione in questa vita. E questo lo devo a lei.
Ho capito che potevo aiutare le persone non sono nel passaggio da questa vita a quella al di là del velo ma anche nell’attraversamento delle “diverse piccole morti” che ci troviamo a vivere durante tutto il corso della nostra vita: quando ci sentiamo persi e senza bussola, quando finisce una relazione importante e ci si sgretola addosso il mondo, quando non siamo più soddisfatti del nostro lavoro ma non sappiamo cos’altro fare e più in generale ogni volta che un dolore, una sofferenza vengono a bussare e a stravolgere i nostri piani, trovandoci disarmati e impreparati.
Ogni giorno cerco di onorare la dipartita di mia madre cercando di aiutare più persone possibili a sentirsi meglio, a ritrovare forza e fiducia in se stesse, a trasformare anche la sofferenza più grande in qualcosa da cui ripartire. Perché abbiamo sempre un capitolo nuovo da scrivere. Sempre.
La giornata di oggi è per la maggior parte del tempo un’esperienza immersiva nella brughiera di erica viola con viste meravigliose e con abilità di salto delle torbiere richiesto seppure, alla fine, la palude non ti risparmia per quanto tu possa provare a saltare di quà e di là per evitare di sprofondarci dentro.
La tappa finisce dopo 28 interminabili km e gli scarponi marci, ormai una certezza di ogni fine percorso degli ultimi giorni.
Mi fermerò al Forest View Walkers per 2 notti perchè da qui a Kirk Yetholm, dove finisce la Pennine Way, ci sono quasi 50 km di cammino del monte Cheviot senza possibilità di fermarsi se non accampandosi sulla montagna.
Mi verranno quindi a prendere domani a circa metà strada per riportarmi, dopo domani, nel medesimo punto per proseguire fino a Kirk Yetholm.
Dimenticavo: la giornata è scandita da una serie di cuori che si succedono, costanti, sul sentiero. Grazie mamma per questi segni inconfondibili che arrivano sempre quando devono… e oggi in particolare per infondermi fiducia e coraggio.
Mi hanno anche confermato che sia impossibile dimenticare qualcuno che abita dentro di noi e di cui noi stessi siamo parte ed espressione.
Tappa 17 Byrness - Windy Gale
La giornata inizia con una violenta salita di 500 metri in mezzo a massi e rocce che mi porta rapidamente sull’altopiano verso le iconiche “The Cheviot Hills”.
Oggi, mentre attraverso una delle zone più remote sul confine scozzese, il vento è il mio unico inseparabile compagno di viaggio, sibilante e incessante ad ogni passo.
Dormendo per 2 notti all’ostello, oggi lo zaino è leggero perché ho preso con me solo l’acqua, il cibo e l’abbigliamento da pioggia. Mi sembra quasi di volare.
A tal punto che nel primo pomeriggio arrivo già al punto di incontro concordato per tornare all’ostello. Peccato che l’appuntamento sia alle 17.
Chiamo Laura e Oliver chiedendo se possono venire a prendermi prima ma mi dicono che ci vogliono 45 minuti per venire a prendermi e 45 per tornare e che devo aspettare il gruppo di 8 inglesi (che cammina solo oggi e domani) perché non vogliono fare il doppio pick up.
Sarà che lo zaino è più leggero, sarà che oggi le mie gambe vanno forti per l’emozione di vedere finalmente il confine con la Scozia, fatto sta che arrivo come un razzo a fine tappa. Il tempo nel frattempo sta peggiorando velocemente e oltre alla nebbia inizia a scendere anche la pioggia e di certo non posso e non voglio aspettare quasi 3 ore senza riparo, in piedi su una strada sterrata.
Li richiamo e li supplico di venirmi a prendere. Alla fine, impietosita, Laura, parte. Quando la incontro è incazzata nera perché l’ho fatta venire apposta per me.
Nei 45 minuti di strada cerco di smorzare l’aria pesante e smussa di qui che smussa di là finiamo con il raccontarci la nostra vita e a scoprire di aver fatto scelte molto simili: anche lei, con il marito, lavoravano in banca e hanno lasciato tutto per gestire l’ostello e vivere nella natura.
Diventiamo amiche e l’ora e mezza dell’avanti e indietro in auto cade nel dimenticatoio.
Oggi succedono due cose davvero strane, uniche e spirituali. La prima è che mi trovo all’improvviso un quarzo rosa, che peserà almeno 10 kg, esattamente in mezzo al sentiero. Come se lo avesse appoggiato qualcuno. Quando lo racconto a Laura e an Oliver vogliono vedere la foto perché non ci credono, dicono che è impossibile che un quarzo rosa possa essere sul a sentiero, che no esiste su queste montagne. Eppure… c’è e come!
Avvicinandomi scopro anche che sul quarzo c’è un cuore. Insomma: il grande mistero che forse rimarrà razionalmente inspiegabile ma che per me assume un senso proprio per la sua assurdità e improbabilità.
La seconda cosa è che il cane di una mia carissima amica purtroppo stanotte è volato via… e dopo averle scritto che avrei camminato per lui oggi, per Ben, tempo qualche minuto e mi compare una sagoma a forma di cane sul sentiero.
Io credo veramente che esistano connessioni spesso inspiegabili quanto potenti e dimostrative che non solo esista qualcosa che l’essere umano non può spiegarsi con la ragione, ma ancor più che se sappiamo ampliare e allenare i nostri sensi, se impariamo a connetterci e a vedere oltre il visibile degli occhi, la nostra vita sia davvero costellata e disseminata di segni, di simboli e di messaggi.
Il clou della giornata è toccare quei freddi fili di ferro che corrono per 32 km e che segnano il confine tra Inghilterra e Scozia: quando arrivo in cima l’emozione è incredibile. Ho i brividi in tutto il corpo. Dopo 17 giorni di paesaggi e sentieri meravigliosi ma anche grande fatica e a volte sofferenza, sono in Scozia!
Tappa 18 Windy Gale - Kirk Yetholm
Stamattina dopo colazione Laura e Oliver mi accompagnano al punto più vicino al sentiero che però si trova a quasi un’ora di cammino e con 300 metri di dislivello. La prima sudata della giornata è assicurata.
Anche oggi il vento non cessa mai, anzi soffia con raffiche a 70 km orari.
Stanotte le fortissime piogge che sono scese hanno reso il sentiero un’immensa palude. Mancano solo i coccodrilli. Mi rassegno ad avere i piedi marci già dopo 1 ora di cammino.
A fine mattinata le imponenti e vellutate Cheviot, iconiche nel separare l’Inghilterra dalla Scozia, mi compaiono maestose e circondate da un cielo nero e inquietante.
Le Cheviot Hills sono principalmente associate all’attività geologica di circa 400 milioni di anni fa, quando i continenti di Avalonia e Laurentia si scontrarono, provocando un’estesa attività vulcanica che creò un affioramento granitico circondato da colate laviche.
Da quassù si respira un’atmosfera lontanissima, come se fossi stata improvvisamente catapulta in un’altra era.
Da quassù si può toccare un silenzio che riempie, che nutre.
Anche il vento, a modo suo, mi accompagna in questa traversata con la sua energia dirompente in cui devi imparare a ballare con lui, a volte assecondandolo, a volte contrastandolo. E solo quando trovi il giusto passo la convivenza si fa armonica e mi permette di avanzare senza troppa fatica.
Una capanna in legno alla fine della prima lunghissima e scivolosissima discesa dà tregua alle mie ginocchia infuocate dal continuo frenare me e i 10 kg di zaino.
Poi la magia: compare una finestra di azzurro sopra di me. Rimango a fissarla come se
avessi avuto una visione: tutto attorno a me si accende.
Il mio sguardo si sposta pian piano dalle malefiche torbiere alle timide piante di mirtilli che spuntano sopra i pochi cespugli che sono sopravvissuti all’acqua.
Intanto, finalmente, qualche lastra di pietra dà un pò di tregua ai miei scarponi ormai straripanti.
Con oggi arrivo a Kirk Yetholm il paesino di 700 abitanti dove finisce la Pennine Way dopo 402 Km percorsi e 18 giorni di cammino.
Dormo al The Border Hotel che dal 1970 accoglie i camminatori e consegna loro il certificato di aver completato il sentiero.
Qui conosco il proprietario James metà scozzese e metà italiano con cui passo un’ora di chiacchiere indimenticabili.
Domani proseguirò sulla Scottish National Trail per gli ultimi 5 giorni di cammino fino a Edimburgo.
Avanti tutta!
Tappa 19 Kirk Yetholm - Ancrum
Kirk Yetholm è il paese in cui finisce la gloriosa Pennine Way e inizia la Scottish National Trail.
La Scozia mi accoglie con splendore con la sua prima ripida collina, dove il vento soffia ancora forte e i paesaggi sono intensi e remoti.
Pare quasi un lento addio che mi voglia preparare a salutare definitivamente l’Inghilterra con le sue torbiere, le sue paludi, i suoi agguati e le sue inaspettate quanto violente incursioni metereologiche.
In questo primo vero giorno al di là del border, la Scozia mi regala con grande generosità un terreno asciutto su cui camminare. Quasi mi ero dimenticata cosa significasse.
Per contro mi butta addosso una prima tappa a tratti davvero noiosa. Forse ero abituata, meteo a parte, troppo bene.
Attraverso campi di grano a perdita d’occhio e almeno metà del tempo è su asfalto. Il mio passo è annoiato ma incalzante.
Peccato perché uscita da Kirk Yetholm la salita sul crinale di Crookedshaws era stato davvero emozionante.
Scendendo dalla Pennine Way le temperature si sono notevolmente alzate e alle 3 del pomeriggio ho già bevuto così tanto da aver finito l’acqua. Sono disperata.
Poi, come un miraggio, vedo un cartello piantato sul bordo nel mezzo di un piccolo bosco che mi annuncia che Mary’s Diary è proprio dietro l’angolo.
Assetata come un cammello rimasto a secco in mezzo al deserto del Sahara, aumento la velocità della mia falcata. Quando entro nel suo negozietto Mary mi compare con il suo outfit da gelataia “all white”, come un angelo del paradiso.
Bevo il succo di mele più buono che io abbia mai bevuto!
Seppure la prima tappa finisca ufficialmente nel paese di Harestanes non c’è nessuna struttura pertanto sono costretta a uscire dal sentiero di 2 km per trovare un piccolo alloggio nel paese di Ancrum.
Stasera quando arrivo nell’unico pub del paese (di 200 abitanti) e dico che ho prenotato per cena (qualche mese fa) mi dicono che non servono la cena da tempo.
Guardo negli occhi la proprietaria con gli occhi di Caronte, infuocati.
Tiro fuori la prenotazione e le dico che ho appena camminato per 32 km. Non mi interessa cosa, come o perché. Io devo mangiare.
Allo stesso modo, non so cosa, come o perché per me il ristorante è dinuovo aperto. Bene, avrei potuto uccidere!
Tappa 20 Ancrum - Melrose
Stamattina, quando mi sveglio, sta già piovendo.
La Scozia si vuole mettere a tutti i costi in competizione con l’Inghilterra dal punto di vista metereologico.
Accetto il guanto di sfida anche se, dopo le bastonate ricevute per 18 giorni sulla Pennine Way, mi aspettavo un pò più di compassione e di comprensione. Ma va bene, proseguo.
Faccio colazione dentro al “Post Office” di Ancrum che è anche un piccolo negozio di alimentari. Vedendo la disperazione nei miei occhi i proprietari mi offrono un altro “cappuccino”: attenzione, si tratta di acqua sporca e caffè con un pò di latte, ma ormai ho
affinato l’arte Darwiniana del “mi adatto”.
Alle 8.40, dopo vari rimandi e scuse, prendo coraggio e parto (anche se sarei rimasta tutto il giorno a bere fake cappuccini a profusione).
I primi 8 km sono come ovattati dentro ad un bosco di betulle, di pini e delle mie tanto amate felci che mi riportano sempre alle estati in montagna trascorse in Piemonte da mio nonno paterno.
Oggi l’umidità tocca dei tassi da foresta tropicale: una specie di percorso spa gratuito e accessibile a tutti i viandanti. Vuoi non approfittarne? “For Sure”.
Poi, come spesso succede in questi giorni, si palesa un’isola felice nel mezzo del nulla. Quando arrivo a St. Boswell, un anonimo paesino laggiù, da qualche parte nella infinita campagna scozzese, vedo da lontano un caseggiato. Entro e rimango completamente affascinata dalla meraviglia e dalla tanta bellezza di un luogo così nascosto e così inaspettato. Me la godo con un the bollente.
Quando riparto non posso notare, quando sbuco su una strada statale, i primi cartelli che indicano Edimburgo. Un’emozione indescrivibile.
Oggi è una giornata complessa: mi sembra di vivere tutte le 4 stagioni dell’anno in un giorno. Ma c’è da dire che qui, in UK, non è così singolare, anzi.
E allora pioggia, freddo, vento, caldo, sole… un’opera metereologica da far invidia alle 4 stagioni di Vivaldi.
Quando arrivo a Melrose, destinazione di oggi, sono un pò confusa, shakerata dal meteo e alquanto stanca ma devo sbrigarmi a fare la doccia e lavare tutti i vestiti per visitare, prima che chiuda, la famosa abbazia costruita dai monaci cistercensi nel 1136.
Finalmente a cena stasera molto “food” e poco “fast”. Anche il corpo chiama un pò di semplicità.
Domani giornata impegnativa ma… posso pensarci domani?
Ogni tanto possiamo, dobbiamo e ce lo meritiamo, di rimanere leggeri, come schiuma in superficie, soffice.
Night night.
Tappa 21 Melrose - Innerleithen
Esiste questo luogo comune secondo il quale parlare da soli e ad alta voce sia indice di pazzia. Sdoganato il fatto che in qualche modo io abbia un bel pizzico di pazzia che mi scorre nelle vene altrimenti non farei questi cammini (e tante altre cose ) devo ammettere che spesso durante le mie giornate sui sentieri mi trovo a parlare ad alta voce con tutte le mie parti: la mia mente, il mio corpo, le mie emozioni (…e la mia anima).
Chiedo, ascolto e cerco di essere presente in ugual modo a tutte le mie parti.
A guidarmi è il mio Sé nella sua veste di colui che armonizza, orchestra e cerca di mantenere con autorevolezza l’equilibrio interno, cosa piuttosto ardita e complessa durante queste traversate in solitaria… e questa volta in UK più che mai…
Anche in questo cammino, come sempre, ho seminato domande, ho coltivato dubbi e ho raccolto risposte, nuove idee e nuovi progetti che voglio realizzare.
Ho cercato anche di “ripulire” pensieri ed emozioni che nella vita compressa di tutti i gironi tendono sempre un pò ad impantanarsi dentro a trappole e automatismi, figlie della rigidità della mente (che mente).
L’autentica, la più antica e la più potente medicina che abbiamo rimane proprio respirare la natura che in fondo è come dire “respiriamoci”, riconnettiamoci con quei luoghi da cui proveniamo e che sono casa nostra. Se siamo connessi, se ci ascoltiamo, se ci guardiamo dentro senza rifuggirai, allora possiamo davvero guarire nella psiche e quindi nel corpo.
Oggi la brughiera, con le sue maledette torbiere, mi viene di nuovo a bussare sotto ai piedi.
Credevo di essermene liberata, ma niente. Non mi vuole proprio mollare.
In cresta, sul Broomy Law, inizia la tempesta. Nel giro di un’ora mi ritrovo inghiottita dall’acqua in tutte le direzioni e ancora faccia a faccia con il vento gelido.
Quando arrivo a Innerleithen esce il sole. Ad accompagnarmi anche oggi il chich chach dell’acqua nelle solette (per l’ennesima volta) e infatti stasera una si è scollata e l’altra sta tenendo per miracolo.
Domani mi tocca cercare della colla (voglio proprio vedere dove!).
Stasera mi consolo cenando in un ristorante indiano, tra l’altro buonissimo, in questo paesino sperduto mentre continua la mia avanzata verso Edimburgo.
E mentre fuori inizia a diluviare, canto un pò di Ornella Vanoni… “domani è un altro giorno, si vedrà”.
Tappa 22 Innerleithen- Peebles
Oggi parto un pò più tardi per via degli scarponi che nonostante abbiano avuto la carta di giornale tutta la notte all’interno sono ancora umidi e mi tocca cercare di asciugarli con l’asciugacapelli.
Intanto mi viene la brillante idea di pinzare le due parti che compongono le solette che ieri sera si sono scollate per cercare di farle tenere insieme fino a Edimburgo.
Standing ovation alla signora delle colazioni che mi aiuta nel pinzare il tutto! Una genialata che pare funzionare.
Oggi è la giornata della lentezza. Come direbbero gli inglesi sono un pò “lazy” e come spesso mi accade nelle fasi finali dei miei cammini, vivo a tutto tondo la battaglia degli opposti: da un lato la voglia di arrivare e di riabbracciare chi mi aspetterà all’arrivo domani , dall’altra l’attaccamento al sentiero che nonostante sia stato luogo di difficoltà e fatiche incommensurabili, è stato anche, per 23 giorni, la mia casa e il mio maestro di vita.
Tra i miei obiettivi di vita c’è, ormai da un pò, anche quello di togliere un pò di asfalto e mettere un pò più più natura in ogni giorno della mia vita. Questo non credo mi terrà molto lontana dalle mie traversate dell’anima che necessitano di full immersion, tempi importanti e lunghe fasi di cammino, ma di certo sento che sta diventando un’esigenza prorompente.
Passata davanti alla chiesa di Innerleithen inizia un lunghissimo sentiero che corre lungo il fiume Tweed. Qui divento ufficialmente una piccola botanica. Rapita da ogni singolo fiore, arbusto, profumo che incontro quasi come se volessi rallentare il passo, come se volessi prendere o perdere tempo dall’avanzare.
Inizio a riflettere sulla tossicità delle relazioni e della necessità di abbandonarle. Mi sembra di essere ad un buon punto ma ci penso.
Poco prima di Peebles inizia una processione di alberi uno più imponente dell’altro. Li abbraccio ad uno ad uno.
Sembra davvero un saluto da chi ti sta accompagnando al treno e ti sussurra “mandami un messaggio appena arrivi”. Mi sa mamma, che ci sei anche tu oggi, in questi alberi.
Quando arrivo nella piccola e deliziosa Peebles e passo davanti alla cattedrale, mi rendo conto che oggi non solo non è piovuto ma che ho anche i piedi asciutti.
Mi pare un miracolo.
Con le ultime forze rimaste, dopo la doccia e i soliti riti post cammino, vado a visitare una distilleria di gin del 1881 appena fuori dal paese nata per servire una rinfrescante bevanda ai giocatori di tennis dell’Hydro Hotel dopo i loro game.
Lo dico sempre ma è esattamente così: la sera prima dell’arrivo è come la vigilia di Natale quando ero bambina e cercavo di rimanere sveglia per vedere arrivare la slitta di Babbo Natale con le renne ma poi finivo per crollare dalla stanchezza.
Fatto sta che domani arriverò a Edimburgo.
Tappa 23 Peebles - Edimburgo
“Non hai paura di camminare da sola?”.
A volte bisogna imparare a stare da soli, attraversando tutte le parti che ci abitano.
Siamo come una stanza di un albergo: invece di numeri immagina una scritta diversa per ogni porta con descritte le tue emozioni, i tuoi stati d’animo: quelli che vivi nel corso della tua esistenza.
La vita è entrare ed uscire da queste stanze. Continuamente.
Le stanze sono parti di noi. In alcune sostiamo per più giorni e più notti, in alcune scegliamo di passarci anni, in altre ci lasciamo invecchiare.
Se impariamo a vederci come le stanze di un albergo, possiamo finalmente comprendere che esistono anche “altre” stanze. Che possiamo aprire e chiudere quelle porte, che esistono sempre altre e nuove opportunità, che esistono sempre altri modi di essere e di stare.
Questo perché noi non siamo una sola stanza. Mai.
Occorre imparare a disidentificarci velocemente con i nostri stati d’animo, una volta attraversati. Noi non siamo l’ansia, non siamo la paura, non siamo la tristezza, non siamo il disturbo, la malattia.
Impariamo piuttosto a riconoscere che abbiamo l’ansia, che abbiamo paura, che avvertiamo il disagio.
Più ci identifichiamo è più diventeremo quell’emozione, quel sentimento, quel disagio e scrollarselo diventerà complesso. A volte ci sembrerà impossibile liberacene e ci sembrerà di essere condannati ad una convivenza forzata credendo che non esista per noi altro. Ecco. Non è così.
“La peggiore cosa che può accadere camminando da soli?”.
Che ci si ascolti, finalmente.
Che i pensieri si risciacquino nella pioggia di un temporale improvviso, che si alleggeriscano nel vento che ti soffia sulla faccia, che si dissolvano, evaporando nel sole per lasciare spazio a quel “te” o a quelle parti di te sepolte da una vita intera, là, da qualche parte nella tua psiche.
“Che cosa succede dopo alcuni giorni che cammini da solo?”
Che di certo avrai parlato con poche persone, che forse avrai scelto di mangiare cibo migliore, che avrai iniziato a bere l’acqua che sgorga direttamente dalla montagna e non che esce da una bottiglia di plastica.
Che ascolterai il tuo corpo che spesso stordisci e anestetizzati con pillole, gocce e goccine e inizierai a prendertene cura, a rispettarlo, a comprendere il messaggio che ti sta tramettendo, a rallentare con lui quando te lo chiede senza cercare di farlo tacere, a tutti i costi, per non sentirlo.
Succederà che molte delle tue paure, come per magia, andranno sgretolandosi spazzando via con forza, con un biglietto di sola andata, le tue false credenze. Quelle falsissime credenze che ti hanno limitato per una vita intera.
Accadrà quasi sicuramente che smetterai di controllare tutto, come guardare continuamente l’orologio per qualcosa che devi fare, qualcosa che scade, qualcosa che devi consegnare o finire a tutti i costi e in tempi che non sono i tuoi tempi.
Capiterà che forse ti perderai e allora sarà come la manna dal cielo, sarà la migliore occasione che ti potesse capitare per ritrovarti e per trovare la strada giusta per te.
Accadrà che non avrai più interesse a gestire tutte quelle piccole e inutili cose a cui, con facilità, ti attacchi ogni giorno della tua vita perchè il castello che ti sei costruito non crolli. E con buona probabilità comprenderai che non hai bisogno di quel castello. O almeno, vedrai che ne esistono molti e molti altri.
Succederà che smetterai di sentire quella spinta a volte compulsiva a dover mettere sempre ordine e in ordine la tua vita, il tuo CV e le tue relazioni; smetterai di fare bilanci, di dover avere sempre un piano, perché tutto sarà naturalmente ordinato, secondo le forme e i ritmi della natura, che non puoi controllare ma sui quali puoi sintonizzare la tua anima sentendoti finalmente al centro di te stesso.
E quando comprenderai tutto questo perché lo avrai sentito, perché lo avrai vissuto, perché lo avrò attraversato, ecco che sarà proprio allora che non potrai più smettere di tornare sul tuo sentiero. Là dove “tu sei”.
E quando ti troverai o ri-troverai, beh, allora sappi che sarà per sempre. E varrà tutto il viaggio.





















































































































































































































































































































































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