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Rota Vicentina - Fisherman Trail, Portogallo

Aggiornamento: 19 apr 2024





Arrivo a Santiago do Cacem.

Breve cronaca di un lungo viaggio ad ostacoli.

Stamattina il volo per Lisbona è in ritardo e all’arrivo, al nastro dei bagagli, non escono i bastoncini da trekking. Dopo svariate ricerche li recupero su un altro nastro e intanto il tempo incomincia a remarmi contro. 

Prendo un taxi per sbrigarmi ad arrivare alla stazione dei bus per non perdere la coincidenza per Santiago do Cacem: appena ci fermiamo il tassista cerca di fregarmi palesemente il doppio dei soldi aumentandola a mano e compulsivamente il tassametro. Probabilmente, siccome sono vestita da montanara con zaino e scarponcini, è convinto che sia una troglodita che non ha mai preso un taxi. Risolviamo civilmente. 

Entrata nella mega stazione di Lisbona salgo sul bus numero 78 con posto prenotato e incomincia subito una discussione interminabile con una donna indiana non vuole alzarsi dal mio posto asserendo che sia il suo e intanto capisco il giochino dato che il bus è pieno: ma carta canta e dopo aver chiesto con le buone l’intervento dell’autista mi riapproprio del mio posto e si parte. 

Dopo 2 interminabili ore di viaggio verso il deep south del Portogallo, attraversando una macchia mediterranea a perdita d’occhio interrotta solo da greggi di pecore che brulicano senza sosta nell’erba color smeraldo, finalmente compare il cartello blu che indica 10 km a Santiago do Cacem. Una felicità per i miei occhi se non fosse per il fatto che appena il bis svolta diventano 10 km di racing sfrenato nella valle con la gente attaccata ai braccioli dei sedili me compresa ovviamente ad ogni curva. 

 

Alle 17 scendiamo tutti dal bus chi con la faccia bianca chi verde. Con le gambe ancora tremolanti mi incammino verso il Bed and breakfast e mi app go con una vista incantevole sul paese. 

Dopo la giornata di oggi domani non potrà che non essere una giornata fantastica!

 

 


1 Tappa: Santiago do Cacem - Vale Seco

“La vita è prendersi una pausa”.

Ogni volta che incomincio un cammino mi rendo conto di quanto la velocità della vita di tutti giorni non coincida quasi mai con la nostra naturale inclinazione alla vita stessa. In questo la natura, ogni volta e dal primo istante, mi insegna a rallentare, a fermarmi, ad osservare e ad ascoltare. 

Sul cammino non c’è nessuno che ti superi, nessuno che devi superare: ci sei solo tu con il tuo passo, con la tua andatura, con la tua fatica, con la tua grinta, con la tua gioia, con la tua tristezza. Nessun confronto, nessun giudizio o pregiudizio, nessun dovere imposto che vincoli la possibilità di essere completamente te stesso. Come sarebbe poter vivere così ogni giorno della nostra vita? 

 

I primi giorni di cammino sono sempre i più faticosi non solo per il corpo ma anche per quella ricerca della profondità interiore a cui la quotidianità sembra volerci disabituare a tutti i costi attraverso il monito del “fare” e che invece la natura fa affiorare potentemente e prepotentemente offrendoci l’”essere” come una condizione imprescindibile a chi decide di contattarla, viverla, attraversarla.

 

Oggi la mia giornata è completamente pervasa da continui assestamenti del corpo: c’è il peso dello zaino sulle spalle, i piedi gonfi per il caldo, il sole bollente che mi sfianca. E poi c’è l’assestamento dell’anima: pensieri, intenti, emozioni, malinconie. 

A garanzia di una giornata meravigliosa, però, trovo un cuore sul marciapiede appena esco dal B&B: il segno di quella magia che ho il privilegio di incontrare in ogni mio cammino. Grata, parto.

 

Mi aspettano 3 giorni attraverso l’arida regione dell’Antalejo prima di avvistare l’Oceano che mi accompagnerà poi per i restanti 11 giorni fino a Lagos, nella regione dell’Algarve.

 

La tappa di oggi parte dalla chiesa simbolo di Santiago do Cacem arroccata come una vedetta sul paese e meta di pellegrinaggi fin dal Medioevo. 

Mentre compio i primi passi allontanandomi dall’abitato posso udire in lontananza i primi rumori della campagna: il canto del gallo, un asino che raglia e le campanelle delle pecore che brulicano. 

Nonostante l’aridità di questa terra il tripudio alla primavera è a dire poco grandioso: ovunque mi volti ci sono piante e fiori dai mille colori.

 

Dopo pochi chilometri dal paese inizia l’area più famosa di tutto il Portogallo per la quercia da sughero, l'albero emblematico dell'Alentejo: conservando le foglie tutto l'anno, la quercia da sughero è rifugio e fonte di cibo per numerosi insetti e uccelli.

Per un breve tratto, salita di altitudine, sulla mia destra ho la possibilità di intravvedere l’Oceano all’orizzonte: anche il terreno, dorato e sabbioso in alcuni punti, mi ricorda che il mare non sia poi così lontano… 

 

Mi imbatto poi in un allevamento di capre e subito dopo in una zona di piantagioni di 

Eucalyptus. Quando il vento si alza il profumo mi punge nel naso con un’intensità avvolgente. 

 

Come un miraggio nel deserto trovo poi un posto che sembra abbandonato da sempre con un’insegna sbiadita “Bar”: ho fame, entro. La signora parla solo portoghese ma riesco a farle capire che vorrei delle uova in padella: quando mi fa il conto è di 0,60 centesimi di euro. Certo, rimarrà nella mia memoria come il pranzo più economico della storia! 

 

Finalmente arrivo a destinazione fradicia di sudore, piena di polvere e piuttosto stanca. 

Stasera dormo a Moinhos do Paneiro a Val Seco, una proprietà con più di 150 anni di storia con due mulini a vento costruiti intorno al 1850.

 

Cena fantastica a base di pesce e patate piatto tipico di questa zona del Portogallo per poi sprofondare nel letto piena della bellezza di questa giornata. 

 

 


2 Tappa: Vale Seco - Cercal do Alentejo 

Stanotte è la notte del “fight club” con le zanzare. Nonostante abbia dormito barricata nella mia stanza con le finestre chiuse dopo circa un’ora incomincia l’insopportabile ronzio nelle orecchie alternato dalle mie cuscinate a vuoto nel buio e altrettanti conseguenti ponfi sparsi su braccia e collo. 

Alle 6 decido di alzarmi, hanno vinto loro. 

Sono così nervosa e stanca che preparo la colazione al sacco e parto pur di uscire dalla stanza. 

 

Complice la stanchezza delle poche ore dormite tra una puntura e l’altra, riesco anche a perdermi sul sentiero per ben 3 volte nell’arco della giornata. Mi rendo conto che oggi rimanere concentrata sul percorso e sulle tracce è un optional. 

 

Alla terza volta in cui mi perdo ho un raptus di isteria: dopo 10 passi mi appare un cuore… colgo il messaggio dell’universo e mi arrendo.

Cerco di adattarmi a questa sensazione irritante che per una precisina come me non si svela quasi mai una facile convivenza e finisco coll’accettare di aver ormai aumentato di almeno 4 chilometri la tappa di oggi.

 

Al tutto si aggiunge, da quando inizio a camminare stamattina, un fastidio costante alla spalla sinistra, un dolore a intermittenza al gluteo destro e un inizio di vescica alla pianta del piede destro. L’insieme delle circostanze fisiche non aiuta per niente nell’economia della giornata già barcollante dal suo inizio. 

 

Quando incomincio a camminare il cielo è magnificamente terso mentre il sole già molto caldo nonostante sia ancora presto. 

Mi accompagnano in questo primo tratto di sentiero le melodie degli uccelli tra cui si distingue chiaramente il verso incalzante e prepotente del cuculo.

Poi due lepri selvatiche dal manto argentato mi tagliano la strada a tutto gas scomparendo, in un batter di ciglia, dietro alle grandi querce.

 

In diversi momenti, oggi, ho la sensazione di essere immersa in uno di quei paesaggi della savana africana quando il sole passa attraverso i rami degli alberi che sembrano abbracciare in un’unica soluzione di continuità terra e cielo. 

 

Oggi è anche la giornata dell’incontro con diverse mandrie di mucche tutte rigorosamente color “Mou” mentre attraverso una serie di piantagioni di eucalyptus che mi regalano un pò di ombra e un pò di fresco.

 

Costeggio poi la Diga di Campilhas dove ad ogni angolo vige il campeggio selvaggio e si sente il profumo delle braci pronte per ardere il pranzo domenicale mentre riecheggia la musica folkloristica locale in tutta la valle circostante. 

Realizzo che oggi è il 1 maggio e in Portogallo è per tutti una grande festa.

 

Ritornata con gioia nel silenzio del sentiero grilli e cicale sono il miglior anti stress di questo giorno complicato. 

 

Giunta al Monte do Dragao mi concedo una piccola sosta su una panchina meditativa che guarda fiera la regione dell’Alentejo mentre ascolto il fruscio del vento che accarezza l’erba che sta crescendo altissima insieme al grano. 

 

Quando arrivo a Cercal do Alentejo, la meta odierna, in paese è praticamente tutto chiuso a parte un ristorante, un negozio cinese di cianfrusaglie e una farmacia. 

Mi rintano nella mia stanzetta dove procedo con il bucare la prima vescica di questo cammino (vorrei augurarmi anche l’ultima ma azzarderei), faccio un pò di spesa al supermercato per la colazione di domani che l’affitta camere non prevede e dopo il lavaggio quotidiano dei vestiti mi concedo una bibita ristoratrice.

 

Forza e coraggio.

 

 


3 Tappa: Cercal do Alentejo - Porto Covo

Stamattina alle 6.30 sono già in cammino. Le previsioni danno pioggia in tarda mattinata e preferisco partire presto. Il paese è deserto. Mentre percorro le piccole e strette strade del centro si spengono le luci dei lampioni, si fa giorno.

 

È una di quelle mattine in cui riesco ad assaporare quel profumo tanto intangibile quanto percettibile della vita che ha inizio con il sorgere del sole e di ogni cosa che con esso prende colore. 

 

La notte è stata decisamente ristoratrice e nonostante i soliti fastidi sparsi un pò in tutto il corpo mi sento piena di energia davanti a questo nuovo giorno.

Durante i primi passi rifletto ancora e per qualche istante sulla giornata di ieri e sul fatto che mi si sia arresa per ben due volte: prima alla vessazione delle zanzare e poi all’essermi persa più volte sul sentiero. 

 

Ma cosa significa veramente arrendersi? 

Arrendersi a volte significa sentirsi attraversare dall’emozione negativa di un fallimento che ci attanaglia come una morsa pungente. 

Ma il più delle volte arrendersi costituisce la vera opportunità per accettare ciò che non possiamo o non potremmo comunque cambiare riservandoci la possibilità di trasformare l’arresa in una nuova prospettiva di cogliere e accogliere le cose. 

 

Poco dopo l’alba mi ritrovo ad attraversare una fitta pineta mentre il vento si alza vigoroso tra i miei capelli e il cielo, che sembrava sereno fino a poco prima, incomincia ad affollarsi di nuvole basse e pesanti che non lasciano presagire nulla di buono.

 

All’improvviso il sentiero incomincia a scendere veloce e inesorabile quasi spingendomi ed obbligandomi ad aumentare il passo. Mancano circa 10 km all’oceano.

Mi sento quasi emozionata come quando da bambina si faceva la gara a chi vedeva il mare per primo dall’auto arrivando dall’autostrada. Oggi sicuramente vincerò io.

 

Nonostante il cielo cerchi di trattenere ancora la pioggia, la brezza che spira ad ovest dal mare mi porta in dono le prime goccioline di acqua che mi umettano, una dopo l’altra, il viso. 

A lato del sentiero le felci ricoprono il suolo a perdita d’occhio: non mi accadeva di vederne così tante da quando in estate andavo a trovare mio nonno paterno nelle montagne sopra Cuneo.

 

Ed eccola puntuale come un orologio svizzero la pioggia inizia a ticchettare sullo zaino: costretta a fermarmi mi metto la giacca impermeabile e proseguo. 

 

Mentre avanzo incontro un pellegrino che sta camminando da sud verso nord compiendo lo stesso mio tragitto ma in senso contrario. È Roberto dalla Spagna. Molto empatico e con la voglia di fermarsi a parlare mi snocciola alcuni consigli sul percorso e ci salutiamo.

 

La fortuna mi assiste e a 6 km da Porto Covo il cielo si squarcia lasciando spazio ad uno spiraglio di sole.

Ai bordi di una fattoria Incontro un loquace maialino nero, tipico di queste zone. 

 

All’orizzonte il mare diventa sempre più blu ad ogni mio passo.

Arrivare sull’oceano e toccarlo è l’istante più mistico di questa giornata. Il rumore delle onde che si increspano sulla scogliera mi sbattono forti nell’anima con quella potenza che solo il mare sa provocare. Sento un sussulto nel petto.

 

Stanotte mi fermerò qui a Porto Covo in questo piccolo borgo di pescatori dipinto di bianco e di blu.

 


4 Tappa: Porto Covo - Vila Nova de Milfontes

Oggi mentre incomincio a camminare e lascio alle mie spalle il piccolo borgo di Porto Covo uno stormo di gabbiani plana composto verso di me radente la scogliera. Un senso di libertà e di gioia mi pervade. 

 

L’Atlantico, costantemente sulla mia destra, mi rapisce ipnoticamente con tutta la sua magnificenza. Difficile non sostare in ogni dove e in ogni quando per scattare mille istantanee ad altrettanti mille scorci che cambiano ad ogni mio passo. 

 

Asprezza, potenza e irruenza: questo mi trasmette la costa in ogni singolo metro in cui avanzo oggi.

 

L’oceano mi accompagna per tutta la tappa tra falesie e campi di fiori selvatici che sembrano infiniti mentre Il rumore impetuoso e incessante delle onde mi penetra nella mente e nel cuore.

 

La sabbia è dorata e a tratti di un arancione intenso ricoperta di una vegetazione di piante succulenti di sfumature che vanno dal verde al rosso con fiori rosa, gialli e bianchi.

 

Fin da subito mi rendo conto che la difficoltà di oggi sarà continuare per chilometri e chilometri a camminare sulla sabbia dove i miei piedi sprofondano ad ogni falcata come nelle sabbie mobili. E il tutto condito dai dislivelli cosicché quando mi trovo in salita mi sembra di essere sempre nello stesso punto come un film al rallentatore. 

 

Mi sento come quelle volte nella vita in cui sembra di rimanere al palo, si sente e si vede solo la sofferenza… ma se solo si prova ad alzare gli occhi ci si accorge che la bellezza è davvero ovunque anche in quegli istanti di totale offuscamento psicofisico e allora è possibile ridimensionare o rimodulare diversamente il nostro dolore per cercare e trovare un nuovo equilibrio.

 

E il mio equilibrio oggi, seppure per un tempo molto breve, lo sperimento nella spiaggia di Ilha dove il sentiero mi fa scendere fino al livello del mare e avvicinandomi al bagnasciuga riesco a camminare per un paio di chilometri sulla sabbia compatta dimenticandomi della fatica e restando semplicemente in quell’energia cosmica di madre terra. 

 

Stasera polpacci e caviglie mi ricorderanno con precisione e senza sconti ogni metro percorso nella sabbia asciutta mentre vagherò, seppure fiera della mia piccola impresa, con l’andatura di un soldatino con le gambe di legno per le strade del paese. 

 

Impressionante la spiaggia di Quemado che mi abbraccia in una vista a 180 gradi. 

Dopo più di 21 chilometri sotto il sole cocente la natura mi regala inaspettatamente qualche centinaio di metri di pini dove la frescura creata dall’ombra mi risolleva l’animo e anche il corpo.

 

Negli ultimi 3 chilometri che mi separano da Vila Nova de Milfontes, la destinazione di oggi, il sentiero incomincia ad allontanarsi progressivamente dalla costa e perdo il contatto visivo con l’Oceano. Mi sento quasi smarrita dopo essere diventata un tutt’uno con quelle infinite tonalità di blu e di verde per tutta la giornata. 

 

Dopo aver fatto come tutte le sere la bella lavanderina mi concedo una cena in un tapas bar. 

Incredibilmente stanca ma grata.

 


5 Tappa: Vila Nova de Milfontes - Almogarve

Il Bed & Breakfast dove ho dormo stanotte è in stile hippie: tutti simpatici e carini, tutti amici del prossimo peccato che la musica vada avanti sino all’una di notte e la mia camera è proprio sopra al bar. 

Alle sei il canto di un gallo che non capisco da dove provenga mi dà il buongiorno. 

Uova strapazzate per colazione e scendo al porticciolo. 

 

Oggi si prospettano due possibilità: attraversare il fiume Mira tramite il ponte stradale pericoloso e affollato oppure utilizzare il servizio di traghettamento gestito dalla sorridente nonché famosa “gattara” sciura Maria che dopo 50 anni ha ereditato dal padre Manuel questo lavoro e lo porta avanti come vuole la tradizione dantesca di Caronte (anche se per fortuna non siamo nell’oltretomba) offrendosi come nocchiera per le persone che vogliono spostarsi da una sponda all’altra. Il tragitto dura pochi minuti a fronte di un obolo non proprio economico ma l’esperienza romantica vale la spesa.

Scesa dalla barchetta un pontile celeste mi riconnette a terra dove incomincia il mio cammino.

 

Oggi la tappa è abbastanza breve e questo mi permette di recuperare un pò di energia nelle gambe, ancora legnose, in vista dei prossimi giorni. 

 

Il primo tratto del percorso è completamente immerso in un ecosistema agreste anche se, in lontananza, intravvedo sempre all’orizzonte una lingua di mare che mi guida.

 

A metà tappa il GPS mi segnala che ho raggiunto i primi 100 chilometri percorsi!

Volendo fare un breve bilancio al quinto giorno di cammino la schiena si è abituata bene al peso mentre la vescica nel piede destro non è guarita del tutto e mi sta ancora dando fastidio essendo localizzata proprio nella pianta e quindi sollecitata costantemente ad ogni passo ma la sto curando ogni giorno con attenzione e amore.

 

Anche quando siamo immersi nel marasma della vita e nella frenesia della quotidianità non dobbiamo mai e poi mai dimenticarci di prenderci cura di noi stessi. Il che non significa essere egoisti o egocentrati ma significa saper onorare il nostro corpo, la nostra mente e il nostro spirito in egual misura per poter stare bene con noi stessi e quindi anche con chi abbiamo vicino a noi.

 

Le ormai familiari mucche color “mou” si dispiegano nei prati davanti a me a decine e decine. Mentre mi allontano dal tintinnio delle loro campane ecco che rincontro il mio amico blu lì, esattamente dove lo avevo lasciato.

 

Oggi è un susseguirsi continuo di spiagge di ghiaia o sabbia fino alle dune di Almogarve. 

 

Quando alzo il naso all’insù il cielo è di un blu carico e le nuvole bianchissime che rendono il contrasto meraviglioso per gli occhi. 

 

Dormo nel minuscolo paese di Almogarve di circa 2000 abitanti. Lavo i vestiti, faccio un lungo pisolino e mi preparo alla “non” movida Almogarvese.

 

Domani tappa impegnativa.

 

 

 


6 Tappa: Almogarve - Zambujeira do Mar

Sveglia alle 6, si parte. In questi giorni la temperatura si è alzata molto e preferisco iniziare a camminare appena fa luce.

 

Stamattina il risveglio è il cinguettio degli uccellini che pare un concerto di Vivaldi!

Il canto è così forte che mi sembra di averne un centinaio sulla testiera del letto che cantano a tutto petto!

 

Ieri pomeriggio mentre stendevo si era presentato uccellino che mi faceva compagnia senza paura e stamattina, aprendo le persiane, lo ritrovo li’ ad aspettarmi che mi guarda.

 

Scatto una foto alla mini cattedrale di Almogarve, mi faccio fare un panino con il formaggio di capra dalla panetteria del paese che ha aperto all’alba e incomincio a camminare in questa mattinata serena ma fredda.

 

Il sole nasce poco dopo illuminandomi le spalle mentre cammino sulla costa.

Mi siedo su una pietra piatta in mezzo alla sabbia e faccio colazione con il rumore del mare e il profumo di rugiada.

Dopo alcuni minuti il mio cuore e la mia mente sono perfettamente connessi e in sintonia con tutto ciò che mi circonda facendone e diventandone parte. Mi sento privilegiata a trovarmi in questo luogo e a percepire queste emozioni.

 

Nel primo tratto del sentiero sono completamente immersa nelle dune di Almogarve i cui profili sono disegnati dal tempo e dal vento che sale senza sosta dal mare.

Poi mi inerpico su una collina a picco sul mare dove posso ammirare le linee aspre e scoscese delle scogliere e delle grandi falesie.

 

Anche oggi camminare sulla sabbia non è propriamente agevole ma la bellezza di ciò che mi circonda riesce a distogliere l’attenzione.

Attraverso poi un’inaspettata pineta e uscendone l’oceano si apre all’improvviso davanti a me con un rumore fragoroso. 

 

Un grande plateau di terra rossa mi lascia intravedere Cabo Sardão e il suo faro rosso.

Arrivata, la strada si interrompe e sono costretta a ripiegare verso l’entroterra in direzione Cavaleiro, un paesino dove faccio una pausa con una strepitosa spremuta di arancia prima di proseguire sotto il sole ormai cocente. 

 

Oggi ho la grandissima fortuna di fare uno straordinario incontro con un nido di cicogna posizionato sul profilo di una falesia. Mamma cicogna è annidiata sui suoi 4 minuscoli cuccioli di color grigio. Appena mi avvicino incomincia a sbattere il suo lungo becco arancione in segno di monito e attacco-difesa. Scatto qualche foto e indietreggio. Appena mi allontano la cicogna si alza in volo e mi sovrasta sicura con le sue ali enormi. Riprendo il sentiero.

 

Con una ripida discesa arrivo al Porto das Barcas dove il profumo del pesce pescato e smistato poco prima del mio passaggio è intenso.

 

Negli ultimi chilometri il paesaggio sembra quasi lunare se non fosse per la vegetazione che spunta verdissima dalla sabbia bianca.

Trovo anche un alberello in miniatura che sembra appartenere ad un altro pianeta.

 

Oggi la tappa è davvero meravigliosa, fatta di falesie, spiagge, vento, rocce, oceano senza fine e tante, tante emozioni.

 

 


7 Tappa: Zambujeira do Mar - Odeceixe

Uscendo da Zambujeira do Mar vado incontro al nuovo giorno attraversando un’altra mattina fredda una di quelle, per intenderci, in cui respirando esce la condensa del respiro dalla bocca. Metto su tutti i vestiti che ho e mi faccio coraggio. 

 

Una foto alla chiesa “bomboniera” sospesa sul bordo del paese e riprendo il sentiero. 

Anche oggi mi concedo una colazione indimenticabile davanti al suono delle onde del mare: da qui mi sento sul tetto del mondo e ho la profonda consapevolezza di quanto possiamo espandere la nostra percezione e la nostra spiritualità quando lasciamo che la natura ci penetri. 

I pensieri diventano nitidi, depurati da tanti condizionamenti sociali e cogliere ciò che vogliamo e ciò che desideriamo diventa istintivo.

 

Ma quanto è meravigliosa questa vita? 

Anche quando ci toglie, anche quando ci castiga, anche quando ci mette alla prova, anche quando sembra remarci contro, resta sempre il dono più bello che abbiamo ricevuto con la grande differenza che mentre un compleanno, un anniversario, o un qualsivoglia evento vale per quel giorno, il dono della vita ci viene consegnato ogni mattina e ogni mattina possiamo decidere come usarlo. E il numero di anni che abbiamo ci deve ricordare che in sè racchiude la somma dei giorni in cui abbiamo ricevuto questo dono, gratis. Quanto siamo fortunati? Voglio invecchiare mille anni ancora.

 

Oggi è un continuo sali scendi che spacca le gambe e in alcuni tratti il sentiero è davvero a picco sul mare, bisogna avere un piede fermo. 

 

Questa zona del Portogallo è famosa per i surfisti infatti se ne vedono parecchi con la tavola sotto braccio che entrano nelle

acque gelide dell’Atlantico e cavalcano le onde impetuose. 

 

Attraverso zone acquitrinose con minuscoli ruscelli che diventano altrettante piccole cascate fino a confluire nel mare mentre attorno a me il profumo dei fiori di Cistus, di cui questa zona è ricca, è davvero inebriante.

 

Ad Azenha do Mar faccio una piccola sosta con un succo d’arancia per poi ripartire. 

La tappa fin qui è spettacolare con paesaggi aperti e orizzonti infiniti.

 

Oggi abbandono definitamente la regione dell’Alentejo che mi ha ospitata in questa prima settimana di cammino per entrare in quella dell’Algarve. 

Nella nuova regione alcuni fiori cambiano colore e si aggiungono nuove specie.

 

Dopo parecchi chilometri in cresta e a picco sull’oceano arrivo alla spiaggia di Odeceixe dove il fiume e il mare si abbracciano in un romantico sodalizio. 

 

Gli ultimi 4 km sono un pò noiosi e corrono accanto al fiume Seixe costringendomi a camminare sull’asfalto. 

 

Attraversato il ponte sul fiume entro finalmente nel paese di Odeceixe arroccato su di una collina.

La stanza si affaccia sull’unica piazzetta del paese dove trascorro seduta al tavolo di un bar le ore prima del crepuscolo scaldata dal sole ormai tiepido.

 

 


8 Tappa: Odeceixe - Aljezur

Oggi il risveglio è affogato in una nebbia densa. Dopo una foto alla piazzetta di Odeceixe che ben rappresenta il turismo dell’Algarve, trekking, ciclismo e surf, ripercorro a ritroso il fiume Seixe fino a ricollegarmi alla costa dopo circa 4 chilometri.

 

È una giornata molto introspettiva considerando che purtroppo la costa è poco visibile per via della foschia e di conseguenza i colori della vegetazione sono spenti per la mancanza del sole. 

Guardarsi ancora più dentro, allora, diventa imprescindibile: una sorta di ricerca ad un livello più sottile e profondo a cui la natura mi invita. La raccolgo e la attraverso. 

 

Oggi è un pò come quei giorni della vita in cui ciò che ci capita o ci circonda ci richiede un tempo contemplativo che parte dal nostro centro. L’anima. 

E mentre mi osservo, mi interrogo, rimango nel mio silenzio, mi ascolto, finisco per prestare attenzione anche a dettagli del cammino che non avevo notato prima o su cui non mi ero soffermata con attenzione. 

 

La brezza trasportata dalla nebbia sale veloce attraverso banchi densi che a partire dalla superficie dell’acqua accarezzano la cresta della costa dove sto camminando. 

Arrivata ad un grosso avallamento sull’Oceano sono costretta a tornare indietro e a percorrere un ferro di cavallo per poi, dopo qualche chilometro, immergermi dinuovo nella costa.

 

Rientrando verso l’entroterra incontro un campo con filari di vite ancora giovanissima. 

Considerando la zona e l’habitat mi domando se sia un esperimento…

 

Poi vedo un vecchio contadino che semina a mani nude la terra: “Bon dia!” gli dico a gran voce e lui mi chiede se sono Portoghese perché lo saluto nella sua lingua. Dopo quattro chiacchiere mischiando portoghese, spagnolo e italiano lo saluto e procedo.

 

Arrivo nel paesino di Rogil un agglomerato di case che si susseguono lungo una statale e famoso per la produzione della patata dolce. Mi fermo nel museo dove c’è un bar e assaggio un bonissimo dolce alle patate. Quando riparto esce il sole e illumina in un attimo la campagna. 

 

Da qui ad Aljzur, circa 8 chilometri, il cammino si allontana molto dal mare per abbracciare la vita bucolica e agricola con una miriade di campi coltivati e verdissimi. Mi ricordano un pò le mesetas del Cammino di Santiago de Compostela: una strada sterrata a perdita d’occhio dove ci sono ad entrambi i lati campi e poi campi e poi ancora campi.

 

A 2 km dalla destinazione una ripida discesa mi accompagna fino al paese con le sue case bianche e i tetti arancio.

Aljezur, fondata nel X secolo dagli arabi, venne distrutta da un terremoto nel 1755. Su un terreno a qualche centinaio di metri dal centro devastato il vescovo di allora fece costruire la chiesa della Madonna di Alva che nel tempo divenne un nuovo insediamento urbano chiamato Igreja Nova. Aljezur oggi è divisa in due nuclei distinti con due anime che appartengono però allo stesso territorio.

 

A proposito stasera festeggio in un bel ristorantino la vescica che è finalmente guarita! Per un pellegrino le gioie della vita sono anche queste!

 

 


9 Tappa: Aljezur - Arrifana

Oggi mi sovrasta un cielo blu senza nuvole.

Appena fuori da Aljezur la natura si mostra potente e verdissima e mentre avanzo il sole illumina a giorno ad una ad una, una dopo l’altra, le montagne attorno a me.

 

Dopo una ripida salita arrivo alla sommità di una collina e alla mia destra e alla mia sinistra si aprono le vallate rigogliose dell’Algarve.

 

Ed ecco che finalmente, dopo 8 chilometri, riprendo il contatto visivo con il mare poi il suo rumore fragoroso e alla fine i suoi profumi.

 

Incredibile l’arrivo alla Praia da Amoreira dove termina la foce del fiume di Aljezur con una vista panoramica mozzafiato sull’oceano.

Oggi la maggior parte delle spiagge che incontro sono lunghe distese di sabbia bianchissima e finissima. 

 

Arrivo poi a Playa del Monte Clerigo: 8 maggio, oggi, mamma, il cuore te lo faccio trovare io su questa spiaggia di una luminosità ed energia unica così che tu possa sentirlo e vederlo da qualunque punto in cui ti trovi che alla fine non credo sia troppo lontano da dove mi trovo io adesso, dove sarò domani e poi ancora domani. 

“Sei nell’anima e lì’ ti lascio per sempre, sospesa immobile, fermo immagine, un segno che non passa mai” (cit Gianna Nannini).

 

Da questo momento e fino alla destinazione di oggi, Arrifana, mi raccolgo in un silenzio che non ha a che fare con il silenzio delle parole ma è uno spazio che dedico a te, mamma, per onorarti. 

 

Abbi cura di risplendere. 

Ti voglio bene.

 


10 Tappa: Arrifana - Carrapateira

Oggi parto con esattamente 220 chilometri nelle gambe e tante, anzi, immense emozioni nel cuore. Alcune positive, altre negative, ma pur sempre pezzi di me che sto attraversando nel bene e nel male. Ed è proprio questa la potenza di ogni cammino che decido di fare: attraversarmi da tutti gli angoli e prospettive col il desiderio e la speranza di migliorarmi e di crescere interiormente. 

 

Ieri sera ho visto uno dei più bei tramonti del cammino della Rota Vicentina, considerato anche da molti portoghesi come il punto panoramico più unico e magico della costa del sud per ammirarlo.

 

La tappa di oggi, invece, mi porta purtroppo lontano dal mio ormai amato mare. Ciò perché la costa, in questa area, diventa alta e severa solcata da profonde incisioni impercorribili a piedi. 

Gli unici due momenti in cui il mio cammino si avvicina all’Oceano sono quando scendo alla Praia do Canal dopo 4 chilometri da Arrifana e poi a fine tappa quando percorro per circa 2 chilometri, a piedi nudi, la spiaggia bianchissima di Bordeira.

 

Dopo la Praia do Canal che scende ripidissima verso il mare mi aspetta una lunga ed estenuante salita tra i sassi sotto il sole cocente. 

Alle 7 in punto ci sono già 22 gradi. Quando arrivo in vetta uno piantagione di eucaliptus, una compagnia ormai conosciuta e piacevolissima di molti tratti di questo cammino, mi dona un pò di tregua dalla calura del sole. 

 

Poco prima delle 9 arrivo avvisto come un miraggio nel deserto Barraco da Fonte un b&b con un bar dove faccio la colazione dei campioni dato che ad Arrifana non ho potuto comprare nulla: non esistono supermercati, l’ostello dove ho dormito non preparava la colazione e i bar sulla spiaggia aprono alle 10.

 

Rifocillata adeguatamente e fatte due chiacchiere con il barista che mi racconta tutti i posti dove è stato in Italia (tipico, ormai sono abituata “Milan, Venice, Rome etc etc”) riprendo la strada.

Da qui inizia un lungo tratto di circa 8 chilometri con una vegetazione ricchissima di piante ed arbusti che mi accompagnano fino a Praia da Bordeira alternando strade bianche di sabbia dove puntualmente sprofondo facendo una fatica bestiale a strade rosso fuoco dove mi riapproprio dell’articolazione delle caviglie. 

 

Una strada ghiaiosa e ripida mi spinge fino all’inizio della spiaggia di una bellezza impressionante! Rimango incantata e incredula a tanta grandiosità. 

Tolte le scarpe incomincio a camminare a piedi nudi prima sulla sabbia finissima e calda e poi in riva al mare. 

Quanto entro nell’acqua un’emozione fortissima e indescrivibile mi percorre come un’autostrada dritta dalla punta della testa alla punta dei piedi.

Sento un’energia cosmica che mi travolge: come un reset totale di mente, anima e corpo.

In quei momenti la connessione con la natura diventa potente e provo di nuovo, come mi era già capitato qualche giorno prima, quella sensazione profonda che mi fa percepire di far parte di un tutto. 

Per alcuni minuti smetto (o forse mi dimentico) di pensare come se non ne avessi bisogno, come se non mi servisse in quel tempo sospeso dal tempo stesso. 

Tant’è che quando arrivo alla fine della lingua di sabbia e ricomincia la falesia non mi rendo conto di quanto tempo sia trascorso.

 

Dalla praia de Bordeira, mecca del surf, arrivare a destinazione è poco meno di 1 ora di cammino. Quando raggiungo il b&b, ahimè ne avevo il dubbio negli ultimi chilometri, scopro una seconda vescica sempre sotto al piede destro che meticolosamente buco, disinfetto e fascio. E ricomincia la musica! Dolore e sofferenza, dolore e sofferenza. Questa è in assoluto una delle non gioie della vita da pellegrina!

 

Mi dovrò concedere una buona cenetta di consolazione.

 

 


11 Tappa: Carrapateira - Vila do Bispo

Svegliandomi stamattina e guardando la mappa realizzo che con oggi mancano 4 giorni per arrivare fino a Lagos dove finisce la Rota Vicentina e ancora circa 100 chilometri da percorrere. 

 

Appena compio i primi passi, ancora in camera, la nuova vescica incomincia a darmi il tormento. 

I primi chilometri zoppico poi passo dopo passo mi abituo (si fa per dire) al dolore e la sofferenza mi diventa più sopportabile (cerco di convincermene).

 

All’alba Carrapateira è avvolta da una coltre di nebbia rarefatta e piena dell’umidità della notte e questo fa presagire che con il sorgere del sole si dissolverà. E così accade. 

Fuori dal paese costeggio prati ricchi di piante di agave succulenta che viene usata come dolcificante per le bibite e anche come pianta officinale. 

 

All’inizio della mattina cammino sulle colline ancora addormentate e nonostante non veda ancora il mare posso sentirlo chiaramente e costantemente nel suo fragore mentre le sue onde si infrangono incessantemente sulle scogliere ruvide della costa Vicentina. Mi mancherà questa melodia quando tornerò a casa. 

 

La prima spiaggia che incontro è la spiaggia do Amado dove alle 7.15 ci sono già una trentina di surfisti in acqua ad aspettare l’onda perfetta. 

Io, nel guardarli ammirata per il coraggio non tanto di sfidare le onde ma dello stare per ore nell’acqua ghiacciata, mi siedo su una panca di legno e faccio colazione con i piedi nella sabbia ancora umida della notte.

 

Oggi mi aspettano 3 saliscendi impegnativi.

Il primo che affronto è su di un sentiero disagevole con il terreno completamente disconnesso e quella ghiaia sottile che rende scivolosa la salita prima e la discesa dopo. Arranco sulla falesia con un fare da stambecco fiero ma molto affaticato fino ad arrivare in cima dove si apre una vista mozzafiato sulla spiaggia di Amado. 

Mi fermo a lungo in questo punto con la luce del sole che mi scalda le spalle e quella del mare che si riflette negli occhi e nell’anima. Quanta immensità, penso. 

 

Dopo un breve tratto in piano inizia la seconda discesa sassosa verso Praia da Pena Furada e la conseguente risalita meno violenta della prima ma altrettanto impegnativa.

In cima, provvidenziale più che mai, mi abbraccia una brezza fresca e inaspettata che mi regala sollievo e mi asciuga dal sudore che dalle tempie mi è sceso sul collo e fino alla nuca. Sono fradicia. 

 

Da qui in poi il sentiero piega verso l’entroterra e perdo completamente non solo la vista ma anche il contatto sonoro con il mare che cessa all’improvviso al di là di una collina. 

 

Quando la traccia mi spinge nuovamente verso il mare mi aspetta la terza e ultima impavida impresa di oggi. Prendo coraggio e inizio a scalare. 

Nonostante la fatica di questa giornata i paesaggi sono così grandiosi e le emozioni che vivo ammirandoli così potenti, intense e indimenticabili che dimentico quanto mi sia costata fisicamente compiere la tappa. 

 

Gli ultimi 7 chilometri sono quasi in piano su una strada prima sterrata e arida che poi si trasforma in una piena di fiori e di colori.

Da lontano avvisto i tetti delle case della destinazione di oggi Vila do Bispo. Posso finalmente riposare le stanche ma felici membra.

 


12 Tappa: Vila do Bispo - Sagres

Ieri sera sono crollata nel letto poco dopo le nove e stamattina alle sei e venti sono dinuovo in cammino. 

Proseguendo verso sud sembra che la temperatura continui a salire vertiginosamente e nelle ore più calde incomincia ad essere davvero faticoso camminare sotto il sole, sopra la sabbia bollente e, in questi ultimi due giorni, senza ombra. Oggi toccherò i 30 gradi e gli ultimi chilometri che farò per arrivare a destinazione saranno un calvario.

 

Stamane galli, galline e galletti con i loro canti mi accompagnano allegri nei primi chilometri fuori dal paese dove incontro piccole fattorie.

Da Vila do Bispo mi trovo molto all’interno rispetto alla costa per cui impiegherò un paio d’ore prima di ritrovare il mare.

 

Dopo 9 chilometri e mezzo di mucche, mucche e ancora mucche incontro una mandria dove ce ne sono 3 in particolare, staccate dalle altre, che muggiscono al mio passaggio come impazzite. Mai sentito delle mucche cosi loquaci! Mi diverto a rispondere loro finché una delle tre, ad un certo punto, incomincia a fissarmi e mi viene incontro. Mentre le scatto una fotografia intuisco che stia certamente pensando che la vera pazza che parla con le mucche sia io!

 

Al decimo chilometro, in lontananza, mi compare di color rosso fuoco il faro di Cabo de São Vicente, emblema della costa Vicentina e ovviamente del cammino, che mi indica la strada come una bussola.

E mentre Cabo de São Vicente si avvicina sempre di più ad ogni passo, attorno a me cambiano progressivamente i colori delle rocce e degli scogli che diventano arancioni e rossi. Una tavolozza di colori che profuma di poesia.

 

Intanto la strada diventa una pietraia di sassi appuntiti e taglienti tant’è che quando arrivo dopo circa 3 chilometri al faro le piante dei miei piedi hanno preso la forma di due pietre!

 

Cabo de São Vicente, sin dai secoli passati, ha rappresentato l’ultimo lembo di terra conosciuto dopo il quale i marinai si avventuravano in acque aperte e sconosciute in quanto si credeva che al di là di quell’estremità non ci fossero più terre da scoprire.

Forte la similitudine con Finisterre alla fine del

Cammino di Santiago de Compostela.

 

Terminata la sosta e la visita al faro mi aspettano gli ultimi 8 chilometri della tappa con 30 gradi e non un filo di ombra che mi obbligano a fare una tirata unica con passo sostenuto per arrivare nel minor tempo possibile a destinazione.

 

Quasi sciolta dal sole e sudata in ogni centimetro cubo del corpo arrivo stremata alla meta di oggi, Sagres.

Si tratta della città più occidentale dell’Algarve nonché di tutta Europa e troneggia fiera sull’antico promontorio sacro romano.

Dopo aver bevuto come un cammello dopo tre giorni di deserto del Sahara faccio la doccia e mi riposo aspettando le ore più fresche (si fa per dire) per visitare Sagres. 

 

Stasera aspetto il tramonto sulla punta del promontorio dove si trova la Fortaleza della città.

Finisce così un’altra magica giornata di cammino.

 


13 Tappa: Sagres - Salema

La mattinata inizia con un vento forte essendo il paese di Sagres adagiato su di un promontorio e quindi esposto per sua natura alle intemperie. 

In questo vento colgo una doppia energia che ingloba la potenza di questo elemento e allo stesso tempo una tangibile sensazione di malinconia.

Mi affollano la mente i primi pensieri che riguardano il fatto che domani sarà l’ultimo giorno di cammino. Li accolgo, li onoro e li lascio andare perché voglio vivere l’oggi a fianco di me stessa e non in un altro momento che ancora non esiste, domani. 

 

Quante volte ci proiettiamo nel dopo, nel domani, nel “poi”, rinunciando stupidamente a vivere con pienezza l’adesso, il qui e ora.

E questo in qualche modo è una sorta di sacrilegio e di offesa alla nostra vita perché toglie valore e svuota ciò che invece merita attenzione ad ogni istante perché quello che non viviamo appieno è perso per sempre, senza rewind. 

 

Faccio dei respiri profondi, mi ricentro e continuo. 

Ad accompagnarmi nei primi passi, oggi, non sono i galli della campagna ma i gabbiani che sorvolano come dei guardiani la città e una serie di piccoli uccellini che saltellano da un albero all’altro.

 

Sulla carta la tappa di oggi risulta impegnativa per i continui sali e scendi su e giù dalle spiagge attraverso poderosi strapiombi.

 

Mentre esco dall’abitato di Sagres trovo a terra una moneta da 1 centesimo.

Dal punto di vista spirituale il ritrovamento di una moneta viene associato alla protezione da parte dell’altro mondo… , a livello numerologico e archetipico il numero 1 rappresenta l’origine di tutte le cose, portatore quindi di cose nuove, nuovi inizi, nuove idee. Insomma di buon auspicio per quello che in effetti avverrà ore dopo. 

 

Riprendo il sentiero che corre lungo la costa e un’emozione travolgente mi rapisce nell’essere spettatrice del sole che nasce dal mare e incomincia lentamente a specchiarvisi dentro per poi illuminare gradualmente i granelli freddi della sabbia fino a raggiungermi e scaldarmi il corpo. 

Vivo attimi di magnificenza e di gratitudine che rimarranno forgiati in ogni mia cellula. 

 

La tappa di oggi per me sarà la tappa più importante dal punto di vista del percorso interiore e di rielaborazione personale. Potrei dire la chiave di volta. 

Sono partita due settimane fa con delle domande e dei dubbi a cui prima del cammino davo risposta in modo razionale. Oggi alcuni segni e segnali sul cammino mi portano a quell’insight che cercavo e speravo. Il tutto succede in pochi istanti e si fanno chiare dentro di me le risposte.

 

È incredibile come il camminare da soli per giorni abbia la potenza di scavare, mettere a nudo e poi rendere vivide parti di noi che nella frenesia delle nostre vite facciamo fatica a contattare e ad attraversare. 

La connessione con la natura e la percezione sensoriale e spirituale che inevitabilmente si amplificano essendo concentrati e in ascolto del proprio Sè rendono i pensieri e le emozioni fluidi depurati dalla famosa e spesso nostra non alleata, la mente (che mente). 

Sono molto grata a questa giornata e a quello che l’universo mi ha restituito attraverso il cammino.

Tutto questo accade poco prima di arrivare alla fattoria abbandonata sopra la collina di Praia dos Rebolinhos dove il sigillo all’illuminazione ricevuta viene posto dal murales a forma di farfalla disegnato su un muro dove la farfalla è il simbolo che mi lega a mia madre da quando è scomparsa e attraverso la quale spesso si manifesta.

Una commozione che non posso esprimere a parole mi pervade.

 

Il resto del giorno saranno discese vertiginose e risalite impegnative verso spiagge il cui mare diventa sempre più verde quasi a ricordarmi quel color smeraldo del nostro Mediterraneo.

 

Gli ultimi chilometri verso Salema li percorro su un sentiero di terra rossa e arida.

Mi concedo una limonata nella bella Salema beach, la prima spiaggia attrezzata che incontro.

 

Sono immensamente grata alla vita.

 

 


14 e ultima Tappa: Salema - Lagos

Come tutte le mattine da due settimane a questa parte quando le attraverso all’alba le stradine dei paesi sono romanticamente deserte e poeticamente silenziose. 

 

Oggi, fuori da Salema, inizio subito con una salita impervia di 700 metri, una sorta di battesimo dell’ultimo giorno di cammino, forse perché la Rota Vicentina auspica che il ricordo di queste rampe verso il cielo mi rimanga impresso per sempre!

 

La prima spiaggia che incontro è quella di Boca do Rio che ammiro mentre il sole fa capolino da dietro le rocce. 

Faccio l’ultima colazione “on the road” di questo cammino seduta su un’altura sopra la spiaggia di Budens. Sono momenti che porterò con me per sempre. 

 

Anche oggi i sali e scendi non mi fanno sconti fino al paesino di Burgau. Arrivo poi nel piccolo centro di Luz, esattamente a metà tappa, dove mi siedo ad un bar per una bibita rinfrescante.

Dopo la breve sosta per ricaricare le batterie delle gambe riparto e con somma gioia mi si prospetta davanti un’altra salita tra i sassi davvero impegnativa nel bel mezzo del solleone portoghese di maggio. 

 

La giornata raggiunge il culmine con l’arrivo alla Ponta da Piedade: da qui in poi e fino a Lagos, la tappa finale del cammino, è un susseguirsi spettacolare di grotte, insenature e faraglioni di color giallo dorato. 

 

Quest’ultima tappa mi regala uno dei luoghi più belli della Rota vicentina, con scorci e colori unici e indimenticabili. 

Quando arrivo a Lagos, nel punto dove finisce il cammino, il gps segna 334 chilometri percorsi. 

 

Durante questo cammino mi sono resa conto di essermi voltata tante volte indietro e non credo sia così veritiero quel detto che dice che non bisogna mai voltarsi indietro nella vita. 

Anzi, voltarsi ci dà la possibilità di rivalutare, di consolidare o di lasciar andare, di scoprire o esplorare sfumature, angolazioni e prospettive che se non ci fossimo voltati indietro non avremmo potuto cogliere. 

 

Guardarsi indietro significa anche prendere consapevolezza del percorso che si è fatto e non penso solo ai chilometri e alle tappe di questo cammino ma soprattuto al percorso che facciamo nella vita. 

E anche quelle volte che voltandoci non ci piace troppo quello che vediamo questo atto ci aiuta a sedimentare, inglobare o espellere aspetti ed esperienze che ci permettono di procedere con maggiore coscienza e conoscenza di ciò che vogliamo e che non vogliamo. 

 

Compiendo gli ultimi chilometri si hanno sempre mille sensazioni, le rivivo ogni volta. Da un lato c’è quasi il dispiacere di essere arrivati perché in qualche modo il viaggio finisce (anche se poi è così solo nell’atto fisico di arrivare), perché ti ha arricchito, perché ti ha cambiato, perché ti ha regalato; dall’altra c’è la gioia del tornare a casa, di avercela fatta e di riabbracciare le persone che si amano per condividere con loro l’esperienza e per mettere in atto ciò che si è imparato dal viaggio interiore intrapreso. 

 

La vita è un viaggio, è un’esplorazione non solo della bellezza del mondo che ci circonda ma anche e soprattuto un attraversamento di quello che abbiamo dentro che spesso è molto più vasto di questo pianeta terra che ci sembra così grande.

 

La vita è prendersi una pausa. 

Dovremmo ricordarcelo più spesso.

 

 
 
 

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