top of page

Cammino di Santiago de Compostela - Cammino Francese, Spagna

Aggiornamento: 19 apr 2024





1 tappa: Saint Jean Pied de Port - Roncisvalle

Incomincia così il mio Cammino, all'alba.

Non sono ancora partita che già piango emozionatissima per questo viaggio nel

viaggio che ho tanto aspettato...

I primi 8 km sono durissimi, la strada sale senza tregua con un dislivello che mette alla prova ogni cellula del mio corpo, della mia mente e del mio cuore... ma non mollo mentre avanzo lentamente attraverso la bruma densa dei Pirenei.

Al 16esimo km oltrepasso il valico, entro finalmente in Spagna. I paesaggi diventano ancestrali e costeggio un bosco incantato di faggi, poggiando i miei passi, uno dopo l'altro, su di un tappeto morbido di foglie rosa color ciliegia.

La strada continua a salire estenuante sino al punto più alto, il colle Lepoeder, con 1400 metri di dislivello dalla partenza. 

Da qui inizia la discesa verso Roncisvalle e il paesaggio si apre sui Pirenei maestoso e accogliente. 

Sono esausta ma felice, ce l'ho fatta.

 

 

2 tappa: Roncisvalle - Zubiri

Mi sveglio indolenzita, la stanchezza dell'attraversamento dei Pirenei di ieri si fa sentire in ogni muscolo e giuntura. Capisco fin da subito che oggi sarà faticoso rimettersi in cammino. 

Mi lascio alle spalle la Collegiata di Roncisvalle che mi ha ospitata per la notte e appena fuori dalle mura del borgo un cartello mi ricorda i km che mi separano da Santiago. Sorge l'alba. 

I pascoli si illuminano e gli occhi si riempiono in pochi istanti del verde smeraldo degli alberi e del giallo d'orato delle balle di fieno accatastate per l'inverno dai pastori.

Betulle, roveri e pini caratteristici del paesaggio della regione Navarra che sto percorrendo mi accompagneranno come fedeli sentinelle per tutto il percorso sino a Zubiri. 

Cammino per la piccola e ancora dormiente ma elegante Burguete dove si narra che Ernest Emingway si rifugiasse durante le pause dalla scrittura per poi immergermi nel silenzio del bosco per 14 chilometri di strada bianca. Per tutto il tragitto continuo a voltarmi perché ho l'impressione di udire i passi di un pellegrino e mi accingo a spostarmi per lasciarlo passare. Ma non c'è mai nessuno. Capisco che oggi non sono sola... a ricordarmelo i mille cuori che trovo per terra sul percorso. 

Gli ultimi 4 km sono, come li definiscono gli Spagnoli, uno "rompepiernas" (spezza gambe): il sentiero infatti diventa all'improvviso ripido e senza sconti mi spinge, pungente, sino ai primi cumuli di case alle porte di Zubiri. 

Pamplona si avvicina.

 

 

3 tappa: Zubiri - Pamplona

Stanotte ho dormito poco, sento ancora molti dolori e mi rendo conto gia' dai primi passi che oggi faccio fatica a prendere il ritmo. 

Appena fuori da Zubiri incontro Carolina, una donna sulla sessantina che viene dal Brasile e mi racconta con orgoglio che è la terza volta che fa il cammino di Santiago. Facciamo un piccolo tratto insieme chiacchierando poi il

Cammino ci richiama all'interiorità ed il silenzio diventa il più naturale dei congedi.

Poco dopo la metà del percorso i dolori alle gambe incominciano ad aumentare, inizia una crisi fisica fortissima che poi diventa emotiva. 

A 5 km da Pamplona, entrando in un piccolo borgo, cado definitamente in preda alla confusione. Tolgo lo zaino, le scarpe mi siedo su una panchina e non riesco più a ripartire. Una signora del posto si avvicina e intuendo la situazione mi dice che c'è un bus, il numero 4, che porta in centro a Pamplona. 

Parte immediatamente un colloquio interiore tra mente e cuore; la prima dice: "prendilo!!!", il secondo incalza "e' questo che vuoi?".

Mi alzo decisa a trovare una farmacia per comprare un antidolorifico e forse così ragionare meglio... mentre giro nelle stradine intravvedo il numero 4 e penso "e' un segno... devo rassegnarmi e prenderlo" e mi avvicino alla fermata; nello stesso momento sento una signora chiamare "cica" dall'altra parte della strada che mi fa segno che ho perso il cappello attaccato allo zaino. Nel tornare indietro di qualche metro per recuperarlo il bus riparte: e' questo il segno che colgo e seppure con estrema fatica mi incammino e arrivo alle porte di Pamplona attraversando il bellissimo ponte ad archi medievale.

Mi accolgono 35 gradi a cui non sono preparata dopo il clima rigido dei Pirenei e dei boschi.

Strano entrare in città da Pellegrina, con zaino, la polvere dei sentieri sparsa sulle scarpe e sui vestiti e le bacchette in mano mentre i turisti bevono la cerveza davanti alla Cattedrale. 

Sono molto provata e i dolori mi tormentano. 

Confido nella notte.

 

 

4 tappa: Pamplona - Puente la Reina

Pamplona dorme ancora illuminata dai lampioni color arancio mentre, in solitudine, seguo le frecce adagiate sui ciotoli secolari della cittadella che mi accompagnano fin fuori dalle mura della città. 

Stamattina mi sento un po' meglio, i dolori sembrano essersi attenuati leggermente e decido di usare al meglio questa opportunità dedicando i chilometri che riuscirò a percorrere nel tentativo di armonizzare mente, corpo e spirito. Sarà la giornata dell'ascolto profondo del mio corpo e dei suoi segnali e del lasciare andare, attraverso il perdono, tutto ciò che non riuscirò a fare o a raggiungere rispetto a quanto mi ero prefissata. La mente inizialmente si ribella, vuole guardare quanto manca alla meta, programmare, organizzare... la osservo senza interazione, senza assecondarla e togliendole così potere, alla fine, si rassegna e si mette da parte. 

Il mio ritmo oggi e' molto lento, non posso forzare rischiando di compromettermi, e ogni qual volta allora sento che arriva la fatica e il dolore mi concedo tempo: mi siedo sull'erba dei pascoli, sui muretti di cinta, sotto gli alberi... e lascio la libertà al corpo di segnalarmi quando posso rimettermi in cammino. La formula sembra funzionare e decido che la manterrò sino a dove riuscira' a portarmi. 

A fine mattinata affronto la ripida salita che conduce "all'Alto del Perdon" il monumento diventato ormai simbolo dei pellegrini; una frase riportata in rilievo sul monumento recita: "Donde se cruza el camino del viento con el de las estrellas - Dove si incrocia il cammino del vento con quello delle stelle". E' la frase che racchiude la magia del Cammino di Santiago de Compostela.

 

Poco prima del monumento incontro un prato di girasoli ormai tutti inariditi dal sole. Non piove da mesi. Ne intravvedo uno che mi sembra sorridermi... mi avvicino convinta di essere in preda ad un miraggio causato dall'orario (e' ormai quasi mezzogiorno) e invece il girasole mi guarda nel suo sorriso più bello. Il mio cuore va' dritto, in un istante, al ricordo del sorriso di mia madre. 

Camminero' con questa emozione cosi' profonda ma anche malinconica per tutti i restanti 12 chilometri che mi separano dalla Puente la Reina. 

 

Non credevo che avrei fatto tutta questa strada oggi e invece, come nella vita, il cammino mi insegna che proprio quando tutto sembra perso, abbiamo sempre dentro di noi le risorse per capire o almeno provare a trovare il giusto mezzo, il giusto equilibrio per proseguire.

Il cammino diventa così, ogni giorno che passa, metafora della vita: il nostro modo di metterci in ascolto ha il potere di farci trovare nuovi orizzonti e possibilità inesplorate.

 


5 tappa: Puente la Reina - Estella

Stamattina appena fuori dal ponte ad archi di Puente la Reina mi imbatto nel primo monito della giornata che mi ricorda che anche oggi devo avere cura e rispetto del mio corpo: "sii lenta come una lumaca!". Bisogna sempre cogliere i segni che l'universo ci manda...

Abbandonata la cittadina incontro un territorio ricco di vigneti di Navarra, nome del vino che prende origine dall'omonima regione, e che cresce su di una lussureggiante terra rossa e porosa. 

I filari sono profumati e con elegante sobrietà adornano le colline circostanti color paglia creando un contrasto piacevolmente rilassante per chi li osserva. 

 

Proprio mentre il mio sguardo si distoglie dal susseguirsi dei filari di vigneti per tornare sul sentiero del cammino ad un tratto odo delle inconsuete sonorita' riecheggiare da lontano ma non riesco a decifrarne ne' la tipologia ne' la provenienza; improvvisamente, con un tonfo inconsulto, la collina alla mia sinistra si popola di minuscole macchie bianche impazzite: e' un'orda di circa 200 pecore che scende compatta come una frotta romana di legionari in formazione pronta per l'attacco. A guidare il dispiegamento un general-pastore con divisa a quadretti che avanza verso valle fiero della sua squadriglia! Rimango incantata da questo quadro bucolico inaspettato e mentre il gregge si avvicina alla strada, invadendola, individuo una pecora nera! E penso: ma allora esiste veramente!!! Non sono solo io come diceva mia madre quando ero piccola!!! La cosa mi consola alquanto. Vivo così con gusto la testimonianza personale di una favola leggendaria che si svela. 

 

Dopo questo allegro incontro il resto del cammino mi lascera' molto tempo, quasi 17 chilometri, per ritirarmi nei miei pensieri a causa del suo paesaggio ripetitivo e quasi ipnotico... 

Mentre sto per raggiungere Estelle, la mia meta di oggi, tra tutti i pensieri che abitano la mia mente realizzo pienamente quanto sia una sensazione strana e speciale quella di svegliarsi la mattina e non avere nessuna idea di ciò che mi accadrà durante la giornata, di cosa vedro', di dove mi fermero' a sostare, da quale fonte riempiro' le mie borracce d'acqua, di dove troverò riparo per la notte, di quanti incontri farò o di quanta solitudine vivrò...

 

E ritorna nel mio cuore l'emozione del cammino come metafora della vita. 

Sono arrivata qui con un biglietto di sola andata senza sapere dove il cammino mi porterà ne' quando e dove arriverò con esattezza. 

Quando nasciamo sappiamo da dove partiamo, conosciamo le nostre origini ma non ci è dato sapere dove la vita ci condurrà ne' quando e a quale meta arriveremo. 

Non vi è certezza ma ogni giorno possiamo sceglierla e amarla.

 

Intanto sta per arrivare il temporale.

 

6 tappa: Estella - Torres del Rio

Stanotte ci sono stati parecchi temporali. La temperatura si è leggermente abbassata ma sono previsti 37 gradi a mezzogiorno.

Decido allora di approfittare della frescura e di partire molto presto camminando per circa un'ora nel buio stellato navarrese.

Prima che inizi ad albeggiare, a pochi passi dal monastero di Irache, una fonte di vino gratuita per i pellegrini mi offre il migliore antidoto prima di affrontare l'impegnativa salita per Villamajor de Monjardin caratterizzata da coltivazioni di ulivi. Da buona pellegrina, quindi, apro il rubinetto e sorseggio qualche goccia di vino. 

Dopo Villamajor, per 15 chilometri fino a Los Arcos, ultimo baluardo della regione Navarra dove vorrei arrivare oggi, non si incontra più nessun paese e non è possibile trovare acqua. Lo zaino si fa pesante per la scorta che devo fare per non rischiare di restare assetata in mezzo al nulla. 

Vedo a perdita d'occhio per ore, alla mia destra e alla mia sinistra, distese infinite di prati interrotti qua' e la' da qualche piccola lingua di terra rossa dedicata alla coltivazione degli ulivi. La solitudine si fa sentire. 

 

Arrivo a Los Arcos con il solleone del mezzogiorno spagnolo. E' ancora presto e potrei proseguire ma con il caldo incalzante per arrivare al primo posto abitato la mappa segna ancora 8 chilometri di cammino. Sono molto indecisa. Mentre medito sul da farsi mangio una banana e qualche albicocca disidratata, intervisto le mie gambe e le mie spalle e alla fine decido di ripartire. Saranno due ore molto faticose per il caldo e per il 22 km che ho già nel corpo da stamattina.

 

Durante questi ultimi chilometri ci sono momenti in cui mi prende un completo sconforto che, unito alla stanchezza, mi svuotano a tutti i livelli, mente, corpo e spirito. Altri in cui invece la gioia mi inonda con una così grande potenza inarrestabile che dimentico quasi la sofferenza e faccio strada.

 

Oggi arrivero' a Torres del Rio dopo aver calpestato 30.7 chilometri ed essere stata sul cammino, soste comprese, più di 9 ore, un tempo infinito.

Ho riflettuto molto a quando a luglio ho ricevuto l'investitura del pellegrino nella chiesa di San Cristoforo a Milano e ricordo che il priore disse che il cammino "si fa da soli". 

Al di la' di essere realmente sola nel cammino, comprendo molto bene dopo questa lunga tappa, che la sfida e' stare con se' stessi e contare solo su se' stessi. Non perché nella vita non si debba chiedere aiuto ma perché e' importante capire cosa succede dentro di noi quando l'unica risorsa possibile siamo noi: e' in questi momenti che scopriamo qualcosa in più; impariamo ad ascoltarci, esploriamo parti di noi che forse quasi non conoscevano, ampliamo le nostre potenzialità e a volte riusciamo anche ad imparare ad amarci di più.

 

 

7 tappa: Torres del Rio - Logrono

... "And I still haven't found what I'm looking for".

Stamattina mi sveglio con questa canzone che mi rimbalza in testa come in un loop eppure mi rendo conto che in realtà non mi appartiene. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno e' dentro di noi. Questo l'ho imparato in diverse occasioni nella mia vita e il cammino me lo sta tatuando dentro. Quando cerchiamo fuori da noi stessi rischiamo di assumere parametri e misure che non ci appartengono. Se poniamo attenzione su cosa sentiamo, su cosa proviamo, su cosa si muove... beh allora la risposta e' già custodita in noi ed e' ciò che andiamo cercando. Forse a volte e' solo difficile avere fiducia nelle risposte che gia' abbiamo e, semplicemente, viverle.

 

Anche stamattina la sveglia suona prima che sorga il sole. Con la tappa di oggi entro nel territorio della Rioja famosa per i suoi vigneti e mi lascio alle spalle la Navarra che, in una settimana, mi ha forgiato molto nell'anima.

Mentre faccio colazione conosco Connie, una donna tedesca di 63 anni di Amburgo con un viso bellissimo e con incastonati due occhi color del cielo, capelli biondi e un fisico alto e asciutto.

Connie mi racconta che in Germania e' stata un insegnante di inglese fino a due mesi fa, che ora è in pensione e che finalmente ha coronato il sogno di fare il Cammino di Santiago.

Oggi, a differenza degli altri giorni, non faro' il mio cammino in solitaria; percorrerò infatti con lei tre quarti del viaggio attraverso un dialogo meraviglioso, speciale e con un grado di empatia profondo e magico.

Mi dice che e' la prima volta, nella sua vita, che si concede un viaggio da sola e tutto per se'. In questi primi sei giorni di Cammino ha pensato molto alla sua vita, a chi e' stata e a chi e' ora. Mi racconta che quando era giovane era una modella e sfilava per una casa di moda giapponese molto famosa in Germania (ecco svelato il perché di quel suo portamento così elegante e il suo fisico così leggero - penso tra me e me). Questa vita, prosegue, l'ha portata a fare delle scelte che l'hanno segnata per tutta una vita. Eppure, grazie al Cammino, proprio ieri dopo quarant'anni ha pianto tutto il giorno fino a riuscire a perdonarsi per i momenti in cui non è riuscita ad essere forte come sarebbe ora.

Mentre mi parla gli occhi le si fanno lucidi e una lacrima attraversa, lenta, il suo viso morbido e pulito e mi dice "ora sono felice". Grande donna Connie. 

Voglio avere un ricordo di lei e di questa sua condivisione di cui mi ha voluto rendere partecipe e che mi ha toccato fino nell'anima. Cosi' ci scattiamo una foto insieme mentre albeggia e continuiamo a camminare.

 

Oggi il cammino per me è stato incontrare Connie e con lei il suo cuore... e anche il mio.

 

 

8 tappa: Logrono - Najera

Oggi il mio Cammino riprende in solitaria dopo l'indimenticabile incontro di ieri con Connie. 

L'uscita da Logrono stamattina e' difficoltosa, il percorso e' poco segnalato per cui ad un certo punto mi perdo; nonostante siano le cinque della mattina, pero', incrocio inaspettatamente un runner che mi indica la retta via. Un angelo dell'asfalto.

Fuori dalla città il mio viaggio sara' per tutto il tempo in mezzo ai vigneti di vino rosso della regione Rioja. A metà mattina arrivo a Navarrete un simpatico paesino famoso per le ceramiche adagiato sulle colline dei filari. I trattori mi superano a velocità sostenuta fregandosene totalmente della mia presenza: questo si traduce in polvere e sabbia a profusione. Praticamente sono un fantasma che cammina sul sentiero con lo zaino in spalla!

Credo di non aver mai visto in vita mia, così come oggi, tanti vitigni tutti insieme e nello stesso luogo.

Ormai sono diventata anche un'esperta di tracce… in questa regione, infatti, la segnalazione del Cammino e' davvero pessima per cui, quando mi trovo ad un bivio e non sono quale strada prendere, analizzo accuratamente le orme sul terreno e poi seguo quelle da scarpe da trekking. Geniale!

 

Arrivo all'ora di pranzo a Ventosa, delizioso borgo che svetta tra le colline d'uva ed e' rinomata per l'arte. Anche oggi mi trovo nella situazione di dover scegliere se fermarmi qui o proseguire al prossimo nucleo abitato che e' a 11 chilometri. Intanto tiro fuori dallo zaino la mia pallina da tennis e incomincio a fare un po' di fisioterapia alle piante dei piedi che sono molto doloranti in questi giorni per allungare le fasce muscolari. Ieri mi sono fatta applicare il taping (che senza neanche farlo apposta è in tinta con le scarpe e con lo zaino) perché sono un po' in sofferenza. Il Cammino ti mette davvero a dura prova a livello fisico. Il corpo non è abituato a camminare tutti i giorni per 25/30 km con 7 kg sulle spalle, il caldo, i dislivelli, i terreni incidentati... Dopo un'ora di esercizi, un panino e un po' di frutta secca decido di ripartire. 

Angela, una ragazza di Milano incontrata in aeroporto il giorno della partenza, mi fa una foto ricordo. Oggi prima di salutarci ci scambiamo un abbraccio perché non sappiamo quando ci rivedremo sul

Cammino. E penso: quanto mi mancano gli abbracci che io amo così tanto… Grazie Angela perché dopo tanti giorni essere abbracciati e' davvero una cosa meravigliosa!

Riceverlo mi ha fatto riflettere sui gesti che le persone che amiamo ci donano ogni giorno. A volte li diamo per scontati e invece sono davvero i piccoli gesti che fanno la differenza anche nella loro semplicità. E mi mancano.

A circa 8 chilometri da Ventosa incontro una costruzione a cupola circolare in pietra che veniva usata in passato dagli agricoltori e mentre mi avvicino scorgo un gruppo di pellegrini con un prete che sta celebrando messa, molto emozionante. Dopo altri 3 chilometri arrivero' a destinazione. 

Oggi resto sulla strada del Cammino per 10 lunghissime ore arrivando a Najera dopo 32 chilometri. 

In sintesi: Vigneti, polvere, dolore ai piedi e alle spalle, stupore, stanchezza, gioia, amore. 

In estrema sintesi: Il Cammino.

 

 

9 tappa: Najera - Santo Domingo de la Calzada

Stamattina mi sveglio con una vescica dolorante al piede destro e ovviamente penso: "cosa faccio?". La ignoro sperando che vada via da sola o la buco e la disinfetto? Nella migliore delle ipotesi senza utilizzare nessuna di queste due soluzioni la vescica potrebbe passare naturalmente nonostante la permanenza del dolore. Il mio modo di camminare inevitabilmente però cambierebbe. Poggerei il piede in modo da trovare una posizione antalgica per evitare di sentire il dolore e di conseguenza la mia postura si modificherebbe negativamente andando a sovraccaricare la schiena e le articolazioni sulla parte sinistra.

Non è forse così anche nella vita? Quando ignoriamo una sofferenza, non facciamo altro che sotterrarla temporaneamente. Salvo che poi questa continui comunque a scavare dentro di noi alla ricerca di una via d'uscita perché vuole essere "vista" e "curata". Come per la vescica, così nella vita, il nostro modo di "camminare" cambia in relazione a quel dolore. Il fatto della vescica che mi è venuta oggi è di per sé un evento fisico che può sembrare banale ma credo racchiuda un ben più grande insegnamento. Se non ci prendiamo cura delle nostre parti ferite, delle nostre sofferenze, queste busseranno alla porta del nostro cuore finché non la apriremo e decideremo di affrontarle. 

Scelgo di dedicare quindi del tempo per bucare la mia vescica, disinfettarla e fasciarla finché non guarira' completamente nei giorni a venire. 

Il Cammino ancora una volta diventa metafora della vita anche in questo gesto.

 

Molti pellegrini hanno terminato il loro cammino a Logrono e sulla strada si percepisce palesemente. Da ieri, infatti, incontro sempre meno persone e la solitudine diventa più forte. Per chilometri e chilometri non scorgo nessuno ne' davanti a me, ne' dietro. Siamo soli, io e il Cammino. 

Arrivo a Santo Domingo de la Calzada sotto la pioggia, il tempo stamattina non prometteva bene e quindi decido di fermarmi. Nel pomeriggio mi riposo e poi mi infilo nelle vie strette del paese famoso per essere il simbolo del Cammino di Santiago: venne fondato nel 1044 a ricordo di Santo Domingo che costruì un ponte sul Rio Oja per facilitare il cammino dei pellegrini verso Santiago.

 

Alle 20 c'è la messa nella cattedrale. Una mezz'ora prima decido di prendere posto. Dopo qualche minuto entrano quattro persone, due donne e due uomini si siedono e incominciamo a cantare in un piccolo coro cantando in latino e poi in inglese. Non riesco a trattenere le lacrime per la commozione, la melodia e le parole arrivano dritte al cuore come un'autostrada, senza semafori. Canteranno per circa 10 minuti poi, così come sono entrati, silenziosamente usciranno dalla cattedrale. 

In chiesa, per quei 10 minuti, ero ancora sola come oggi sul cammino... o forse no.

 

 

10 tappa: Santo Domingo de la Calzada - Villafranca Monte de Oca

Stamattina mi sveglio con il rumore del temporale. Fa un discreto freddo. Diventa anche piu' difficile, tra il buio e la pioggia, individuare le frecce che indicano il percorso fuori dal paese. Abbandonato il cemento urbano il terreno diventa bagnato e fangoso e bisogna stare molto attenti nelle discese e negli avvallamenti.

Il cielo e' plumbeo. Anche se non c'è ancora luce si vedono chiaramente le nuvole, livide e austere, che si gonfiano fino a formare un muro compatto ed impenetrabile. Sarà una giornata impegnativa dal punto di vista metereologico che mi costringerà a fare molte pause e alla fine anche molta strada. 

Mentre cammino con la pila in mano mi viene in mente una canzone e incomincio a cantare... "Scende la pioggia ma che fa, crolla il mondo su di me, sto morendo per amore, amo la vita più che mai appartiene solo a me, voglio viverla per questo...". 

Spesso, nei tratti di solitudine, mi metto a cantare oppure parlo con gli alberi con le foglie, con le lumache e anche con le stelle. Forse, in quegli istanti, intuisco seppur superficialmente il perche' del cantico delle creature di San Francesco; nonostante il liceo classico e l'aver fatto lettere avevo bisogno del Cammino per coglierne il senso più profondo e transpersonale. La vivo come una preziosa opportunita' di avvicinarmi alla natura e agli elementi che la compongono. 

 

Dopo 7 chilometri di cammino arrivo nella piccola Granon; mentre attraverso la via principale incappo in un profumo avvolgente e croccante di pane e di dolci appena sfornati. Seguo come un segugio la scia nell'aria e a sorprendermi il laboratorio di una panetteria meravigliosa dove prenderò una brioche altrettanto fantastica.

Ma la vera sorpresa arriva quando, uscita dalla panetteria, si fa giorno e con esso la pioggia mi da' finalmente tregua. Sopra di me si apre in pochi istanti uno squarcio nel cielo e le nuvole si dipingono di pennellate di un giallo rosato: rimango per un po' con il naso all'insù come quando si è piccoli e tutto ti sorprende. Quando il mio naso si riabbassa si apre davanti ai miei occhi una strada lunga e diritta che sembra finire la' dove inizia l'orizzonte. Un'istantanea di libertà. 

Due chilometri circa dopo Granon entrero' nella regione di Castiglia y León, abbandonando definitivamente la piccola regione Rioja. 

 

Nel frattempo ricomincia incessantemente a piovere e dopo qualche chilometro sono obbligata a fermarmi in balia di una bufera di vento e pioggia. Passo davanti ad una cascina e incontro Hermanos che vedendomi bagnata come un pulcino si intenerisce e mi fa' segno che posso stare al riparo sotto il pergolato dell'ingresso finché non sarà passata la tempesta. 

La giornata se ne va' così sotto la pioggia che bagna ogni mio passo mentre attraverso campi di granaglie e paesi deserti custoditi da altezzose chiese medievali.

 

 

11 tappa: Villafranca Montes de Oca - Burgos

Oggi la mattina mi riserva una temperatura quasi invernale, 12 gradi. 

Cammino nella bruma mentre gli alberi lasciano cadere, in uno stillicidio continuo, fresche gocce di rugiada che mi scivolano sul viso e sulle mani. L'alba mi sorprende insieme alla sua sentinella più fedele, la stella del nord o anche detta stella polare.

Il paesaggio da qui in poi cambia completamente, ritornano i boschi ma questa volta popolati da alberi di querce e ginepri e si possono sentire profumi intensi di muschio e licheni. Un passerotto mi accompagna per un tratto zizzagando tra gli arbusti da una sponda all'altra del sentiero. La strada bianca sale fino all'Alto della Pedraja a toccare 1140 metri di altitudine. Da qui 12 km in piano mi accompagnano in un silenzio che sembra non finire mai finché, come un oasi nel deserto, appare il monastero di San Juan de Ortega e finalmente mi posso concedere una sosta in un piccolo bar.

Attraverso due piccoli paesi, Ages e Atapuerca, fino ad arrivare al sito preistorico più antico della penisola iberica e d'Europa dove si trova una croce di legno posta su una sierra di 1060 metri dalla quale si può ammirare, quasi come un balcone naturale, la meravigliosa piana di Burgos, la capitale della

Regione di Castiglia y Lion. 

Quando arrivo alla croce sento che è il posto perfetto. Mi inginocchio e depongo sulle pietre che sostengono la croce le chiavi di casa di mia madre dove sono cresciuta e dove lei ha trascorso gli ultimi trent'anni della sua vita fino a poco tempo prima di andarsene. Lascio così, con un forte gesto terapeutico che ha a che fare con un tema per me difficile che è proprio quello del "lasciar andare", una parte seppure materiale ma che mi legava ancora fortemente alla sua vita terrena.

Voglio avere un ricordo di quel momento e faccio un autoscatto mentre saluto per l'ultima volta quel simbolo che e' tempo che si trasformi.

Faccio fatica a rialzarmi e ad andare via e questo mi fa capire che il mio cuore ancora prova ad opporre resistenza. Poi succede una cosa straordinaria: prima si appoggia una coccinella sulla pietra su cui avevo posto il telefono per scattare la foto e poi compare una farfalla bianca che danza per qualche secondo accanto a me. Capisco che mia madre e' presente a questo momento. 

 

Mi volterò ancora una volta verso la croce lungo la discesa dall'altopiano prima che scompaia per sempre dalla mia vista mentre non riesco a smettere di piangere. Quanta fatica, spesso, si fa a lasciare andare ciò e chi amiamo. Eppure forse quella parte che noi crediamo di cedere, di perdere, in realtà si incuba e fortifica dentro di noi in maniera indelebile proprio nell'atto di permetterle di trasformarsi in un'energia nuova. 

 

Arrivero' a Burgos nel pomeriggio inoltrato. Ad accogliermi come in un abbraccio materno la cattedrale, una delle più belle del

Cammino.

 

 

12 tappa: Burgos - Hontanas

Stanotte non sono stata molto bene, forse un po' di stanchezza della giornata intensa di ieri sotto tutti i punti di vista... forse anche i due bicchieri di vino con le tapas... fatto sta che stamattina sono un po' in dubbio se fermarmi ancora a Burgos o ripartire. Alla fine parto anche se esco dalla città tardi, sono quasi le 7.

 

Oggi inizio il tratto delle temutissime Mesetas, ovvero gli altopiani aridi spagnoli, nelle quali il cielo e le ampie distese di grano saranno le mie due uniche compagne per 170 chilometri sino a Leon.

Cammino in piano ma sempre sugli 800 metri di altitudine; di giorno il sole e' cocente e le temperature insopportabili mentre di notte, dicono, che il termometro scenda sino a 5-7 gradi, lo scoprirò domani mattina a colazione...

 

L'impatto con queste terre oggi sarà forte, passerò infatti dalla città che pulsa al paesaggio desertico senza alberi e quindi senza ombra per tutta la tappa. Devo imparare a dosare le soste e l'acqua anche perché spesso i paesi distano l'uno dall'altro sino a tre ore di strada. 

E' la parte del Cammino dove l'interiorità regna sovrana; non c'è nulla che distragga, nessun cambio di paesaggio o scorcio che sorprenda. Solo il cielo, talvolta, sembra cambiare il suo aspetto e creare un diversivo. Le Mesetas mi ricordano i prati dorati raccontati nel Piccolo Principe di Exupery. Forse incontrerò la mia volpe da addomesticare e troverò la mia rosa da curare. Intanto cammino.

 

Durante questi primi 32 km incontrerò Leopold, ingegnere militare americano di origini messicane con cui dividerò il mio pranzo e mezzo litro di acqua perché rimasto senza viveri a 12 chilometri dalla destinazione, affamato e assetato. Come dirà lui "il miglior panino di sempre nel ristorante con la vista più bella dove sia mai stato". La fame e la sete possono fare brutti scherzi.

Arrivata a Hontanas cenero' con la paella in un Albergue di proprietà di due giovani ragazzi. Alla fine della serata il proprietario ci racconta la storia della Paella e di cosa l'ha portato ad abbandonare il suo lavoro a Barcellona per aprire un centro di accoglienza per i pellegrini lungo il Cammino di Santiago. Conclude con delle parole in cui mi commuovo: "ricordatevi che siete qui per fare il Cammino ma soprattutto per testimoniare che siamo tutti una grande famiglia, il genere umano, indipendentemente dal nostro credo e dalla nostra nazionalità. Non esistono bandiere, confini, solo persone che camminano nella stessa direzione. Ora pensate di finire il Cammino a Santiago ma quello sarà il vero inizio perché esso inizierà davvero quando tornerete a casa dalle vostre famiglie, dai vostri figli, dai vostri partner. Il Cammino diventerà la vostra strada nella vita". 

Attorno al tavolo stasera siamo 3 italiani, 1 americano, 4 australiani, 2 spagnoli e 2 coreani.

Mi sento parte di un tutto. Mi sento piena di speranza.

 

 

13 tappa: Hontanas - Boadilla del Camino

La sveglia suona quasi all'unisono con i rintocchi della campana della chiesa di Hontanas. Come tutte le mattine ricompongo lo zaino, faccio colazione, accendo la torcia frontale e inizio a camminare. Leopold mi chiede se può seguirmi, dice che quattro occhi vedono meglio di due. Leopold ha la cataratta ad un occhio per cui partiamo, ovviamente, insieme. 

Nella prima ora non proferiamo parola, proseguiamo in silenzio in fila indiana a ritmo serrato lungo il sentiero stretto che si dipana sulla collina. Appena la strada si allarga Leopold si avvicina e camminiamo fianco a fianco. Ci confrontiamo sulla cena di ieri sera e su quanto il padrone di casa abbia detto sul Cammino; poi ci mettiamo a cantare "Imagine" di John Lennon sotto le stelle nell'istante in cui il chiarore dell'alba inizia ad illuminare i nostri passi; mi sento fuori dal tempo.

Dopo circa 5 chilometri il sentiero ci spinge sulla strada asfaltata ed intravvediamo, come d'incanto, le maestose rovine del Convento di Sant'Antonio; passiamo sotto i suoi archi e ne rimaniamo affascinati. Il Convento era conosciuto fin dal XV secolo per la bravura dei suoi monaci a curare il fuoco di Sant'Antonio.

 

Dopo un'altra ora di cammino ci aspetta l'altopiano di Mostelares: arrivata all'apice la vista sulla Castiglia e' un inno all'armonia e alla perfezione della natura. 

Vivo la sensazione che si ha di fronte a qualcosa che appare infinito e incontaminato. Un'altra icona del Cammino, un'altra istantanea forgiata nel mio cuore.

 

Scendo dalla Mesetas ed il paesaggio ritorna ad essere ipnotico e introspettivo. Gli ultimi 10 chilometri ho l'impressione di non arrivare mai. Nonostante i miei mille passi, mi sembra di essere sempre nello stesso punto: ferma, immobile. E invece, proprio quando la mia pazienza latita e la fatica diventa insopportabile insieme al caldo, intravvedo in lontananza la punta delle guglie della chiesa di Boadilla del Camino. Sono finalmente arrivata.

 

Penso alla vita e a tutte quelle volte che capita di non riuscire ad ottenere ciò che si desidera, a non arrivare al traguardo, a lesinare un segno, un riconoscimento. Il Cammino oggi mi insegna che proprio nel momento in cui siamo piu' disorientati e impauriti e' proprio in quegli istanti che il non mollare e la fiducia nel nostro potenziale (infinito) ripaga dai mille sforzi. A volte ci vuole molto tempo per intravvedere la meta ma quando la raggiungiamo il cuore si riempe cosi' intensamente che per paradosso la fatica diventa un mero ricordo, un'aneddoto da raccontare. Rimane la meta... o forse il viaggio che ha reso quella meta così importante.

 

 

14 tappa: Boadilla del Camino - Carrion de Los Condes

Stamattina il ginocchio destro mi fa male, le lunghe e ripide discese degli ultimi giorni si fanno sentire. Realizzo anche che cammino da 14 giorni e che proprio con la tappa odierna ho superato i 400 chilometri. 

La farmacia apre alle 9 e quando scendo per strada sono appena le 6. Decido di incamminarmi lungo il fiume che conduce a Fromista finché l'alba mi mostra più chiaramente il paesaggio che conta alti alberi simili ai nostri pioppi. Dopo tanti campi di grano e girasoli pare di essere in un'oasi di verde. Quando arrivo a Fromista, dopo 7 chilometri, anche qui la farmacia e' ancora chiusa, apre alle 8. A questo punto decido di attendere, ho troppo dolore per proseguire. Mentre aspetto incontro Bjarne, uno svedese di 54 anni che sembra averne 10 in meno. Riparto con una ginocchiera e un preparato miracoloso spagnolo fatto con Arnica, Silicio e Canfora vegetale. Bjarne mi chiede se possiamo camminare per un po' insieme. Iniziamo a conoscerci raccontandoci l'un l'altra cosa ci ha spinti a fare il Cammino di Santiago e alla fine ci ritroviamo a descrivere la stessa storia solo che avvenuta in due diversi Stati. Mi spiega che e' stato un IT manager in una grande azienda svedese vicino a Stoccolma e che ora e' responsabile di un call center che gestisce il trasporto dei disabili. Non era più la sua vita e dopo vent'anni ha sentito il desiderio di fare un lavoro che fosse di aiuto per gli altri. Poi gli racconto di come sia cambiata, analogamente, la mia vita da un anno e mezzo a questa parte e di quanto la scomparsa di mia madre abbia contribuito al cambiamento. Gli racconto delle farfalle che si manifestano in momenti particolari e relazionati a lei e che e' successo anche due giorni fa alla croce di legno prima di Burgos. Lui si emoziona e poi tutto d'un fiato mi inizia a raccontare che ha perso suo padre qualche anno fa e che da quando se ne e' andato ha incominciato a ricevere visite da dei passeri e ogni volta che lo pensa o gli manca gliene si avvicina uno ovunque si trovi nel mondo. Mi dice: "come tua madre e' la farfalla, per me mio padre e' il passero". 

Ci abbracciamo e non c'è più nulla da aggiungere. Camminiamo per qualche ora fianco a fianco dimenticando completamente il paesaggio arido che ci circonda.

 

Arrivero' a Carrion de Los Condes nel primo pomeriggio piuttosto dolorante ma con l'anima traboccante di gioia. Alle 19 c'è un concerto di chitarra classica nella Chiesa di Santa Maria e poi la messa. Durante il concerto la mia mente si spegne e il cuore inizia a respirare, pieno di pace; per un po' scompare magicamente anche la morsa al ginocchio. 

Emozionante, a fine messa, la benedizione in tutte le lingue del mondo e la consegna ad ogni pellegrino di una stella colorata, simbolo di pace e speranza a ricordarmi che il Cammino e' anche questo.

 


 15 tappa: Carillon de Los Condes - Moratinos

Stamattina mi aspettano 18 chilometri di deserto e senza insediamenti umani sino a Calzadella de La Cueza. Tappa durissima, la più lunga senza poter bere una bevanda calda o ripararmi dal freddo polare in qualche bar. Ci sono 8 gradi e ho addosso tutto quello che ho portato con me nello zaino: due magliette, il pail, il wind stopper, doppie calze. Ma non basta. Il vento mi taglia la faccia e l'umidità mi entra nelle ossa. Penso a quando sorgerà il sole e sentirò finalmente il suo tepore. Sono come impietrita.

Entro a Torradillos de Los Templares in stile soldatino di piombo, mi manca solo la baionetta in mano! Mentre faccio il mio ingresso nel paese e attraverso l'ennesima "calle mayor" il sole sorge e con esso la mia armatura finalmente si scioglie ed assumo una camminata più morbida e armoniosa.

Dopo una lunga pausa ristoratrice riprendo il cammino e incontro Pepe, un uomo locale sulla settantina, che mi blocca dicendomi che ha alberi pieni di mandorle per i pellegrini e incomincia ad aprirle con lo spacca noci e a mettermele in mano. "Mangia pellegrina" mi dice ripetutamente. Io penso che vorrà dei soldi e quando tiro fuori il portafoglio quasi si offende e mi dice che lui aspetta ogni giorno i pellegrini e mi da un'immagine di Gesù con una preghiera aggiungendo "se preghi Gesu' non potrà mai capitarti nulla, e' importante". Penso a tutte sulle volte che siamo così prevenuti nei confronti degli altri che non diamo loro neanche la possibilità di esprimersi perché li giudichiamo prima che possano trasmetterci ciò che hanno da dirci. Devo rivedere i miei parametri relativi alla fiducia e all'apertura verso le persone che incontro sulla mia strada.

Nel pomeriggio arrivo a Moratinos e mi fermo nell'ostello di Bruno, un italiano che ha mollato tutto durante il suo sesto cammino di Santiago per aprire un centro di accoglienza. Stasera pasta con il pesto, vino rosso e torta al cioccolato. Mi sento un po' a casa. Oggi riesco anche a rilassarmi nel delizioso giardino di Bruno rinfrescandomi i piedi nella sua piccola vasca.

Un po' di leggerezza, anche questo e' il Cammino.



16 tappa: Moratinos - El Buergo Ranero

Appena sveglia, stamane, il mio corpo non vuole sentirne di alzarsi e la mia mente "gli da' sponda", senza esitazioni. Nonostante la battaglia assolutamente impari, due contro uno, il mio cuore prova a farsi valere attingendo dalle abili alleate e condottiere "emozioni". Dopo aver posticipato un paio di volte la sveglia provoco un piccolo shock termico al mio corpo scoprendomi completamente e il risultato e' più che soddisfacente: in meno di due minuti sono in piedi praticamente vestita.

Continuo pero' a sentire fastidio al ginocchio e non c'è una parte del resto del corpo in cui non senta dolore: piedi, caviglie, polpacci, spalle, schiena. La stanchezza e' generale e si farà sentire per tutta la giornata. Eppure la gioia e la voglia di continuare questo viaggio dentro di me sono troppo forti per cui, alla fine, vincono.

Il Cammino e' come la vita. Un continuo aggiustamento interiore, una costante sintonizzazione rispetto a ciò che mi circonda. Quando mi sento bene il mio passo e' sicuro e armonioso. Quando sento aumentare i dolori rallento e inizio a cercare la giusta velocità per dare modo al mio corpo di poter gestire la sofferenza e al contempo permetto al mio cuore e alla mia anima di ascoltare le mie emozioni. A volte sono costretta a fermarmi; se il dolore si attenua provo a ripartire, se non passa aspetto fiduciosa.

Mi sento come accade sempre nella vita: momenti in cui proseguo dritta per la mia strada senza quasi curarmi del tempo e attimi in cui a fatica arrivo alla fine di una singola giornata.

Non c'è una regola, un manuale, non ci sono istruzioni universali. Solo stare con quello che c'è, con ciò che arriva, accettandolo.

Ciò in cui mi allena il Cammino ogni giorno e' imparare a guardarmi dentro priva da ogni condizionamento ambientale. Situazione più unica che rara direi ma che mi permette di varcare soglie del mio se' a cui difficilmente avrei accesso.

Il Cammino mi riconduce e converte sempre allo stesso punto, il mio centro.

Oggi il movimento interiore e' intenso e profondo. Complici, senza dubbio, le Mesetas che non danno via di scampo. Sono come uno specchio a 360 gradi, ovunque ti giri ci sei solo tu.

Arrivo a El Buergo Ranero poco dopo l'ora di pranzo. Ritrovo Leopold, Bjarne e altre persone incontrate negli ultimi giorni lungo il Cammino e ci scattiamo una foto tutti insieme.

Il Cammino e' anche questo, ritrovarsi.



17 tappa: El Buergo Ranero - Arcahueja

Oggi mi aspetta l'ultima tappa delle interminabili, aride e ipnotiche "Mesetas" iniziate a Burgos. Ho percorso 170 km attraversando me stessa, senza riserve: in 6 giorni sono stata in mezzo al cammino (mi lascio alle spalle 500 km di strada) e sono stata anche in mezzo alla mia anima. 

Il viaggio che sto affrontando e' come una seconda possibilità di conoscermi, di rivivermi, di ridisegnarmi. 6 giorni per capire che il cammino, come la vita, ti lascia spazio, ti lascia tempo, ti aspetta, ti perdona; non ti giudica semmai ti accompagna pazientemente nei meandri del tuo essere. 

 

Inizio la giornata con il primo tratto di 14 chilometri in completa solitudine: solo il sentiero e i campi d'orati. Ad interrompere questa monotonia un'alba che si svela lentamente sulla mia destra e che rapisce ogni mio pensiero ed emozione.

Attraverso poi tre piccoli e anonimi paesi sino ad arrivare alle porte di Leon.

In questo secondo tratto della giornata, di fronte a me, il paesaggio si riaccende attraverso le tonalita' di verde e nella ricchezza della vegetazione. Riprendono a rinfrescare i miei passi l'ombra degli arbusti e a riempire i miei occhi i campi coltivati a mais e a grano.

 

Nelle ultime ore la temperatura diventa sfiancante, non si muove un filo d'aria. Coerenti fini in fondo le Mesetas si congedano definitivamente dal mio cammino con l'arrivo ad Arcahueja, dove mi fermo per la notte. Ceno e mi metto a letto. Il cielo e' ancora azzurro mentre chiudi gli occhi.

 

 

18 tappa: Arcahueja - Leon

Oggi tappa breve per avere tempo di visitare Leon, la seconda città più importante del Cammino dopo Burgos. 

La Cattedrale gotica fu costruita in soli 50 anni a partire dal 1253 sui resti della precedente chiesa romanica. Molto suggestiva se si pensa che conta 1840 metri quadrati di vetrate, le più ampie di tutta l'Europa. Fatta di pietra e luce e' orientata verso est in modo che l'abside e le vetrate centrali siano le prime illuminate dal sole. 

Continuo poi nella visita della città vagando da una calle all'altra in cerca di monumenti e scorci.

 

Oggi cerco anche di radunare le forze per percorrere i 300 chilometri che mi aspettano per raggiungere Santiago. Sono ancora moltissimi. Credo almeno 12 giorni di cammino con due vette molto impegnative sopra i 2.000 metri di altitudine da scalare.

Nonostante il caldo, oggi 36 gradi, cerco di godermi le ultime ore della giornata con un buon bicchiere di vino e le tapas dopo la messa per i pellegrini nella chiesa di San Isidoro. 

Forza, coraggio.

 

 

19 tappa: Leon - Villar De Mazarife

Oggi, per due volte, il tema della mia giornata sarà la scelta. 

A sette chilometri da Leon, infatti, subito dopo il santuario della Vergine del Cammino, bisogna scegliere tra due possibili strade. La prima corre parallela all'autostrada, rumorosa e noiosa ma con molte soste intermedie utili per interrompere il caldo asfissiante della giornata. La seconda e' attraversata solo da due piccoli paesi ma si immerge nell'altopiano lionese e seppur con qualche dislivello da superare dona alla vista un paesaggio rurale e rilassante. Se messe sul piatto della bilancia entrambe hanno punti di forza e punti di debolezza. In questo tratto il Cammino rappresenta dinuovo la vita. Ogni volta, infatti, che ci troviamo di fronte ad una scelta variamo tutti gli aspetti positivi e negativi e in modo razionale assegnamo un punteggio che ci conduca alla miglior scelta. 

Prendo atto che spesso, se non la maggior parte delle volte, la vita ci conduce a scelte dove guida la nostra parte razionale illuminata dal grande faro della migliore opportunità "sulla carta". Ci dimentichiamo altrettanto spesso, però, che la vera opportunità risiede dentro di noi e non all'esterno.

Così si finisce per scegliere ciò che e' "giusto" e non ciò che si "desidera" nel profondo.

La vera scelta è qui. Quindi scelgo la seconda strada che e', poi, quella del cuore. 

 

Questa riflessione mi accompagna lungo l'altopiano di Leon per gran parte della mattinata mentre inizio a percepire che il cammino e' diventa affollato. La maggior parte dei Pellegrini che decide di fare il Cammino percorre solo quest'ultimo tratto di 300 km verso Santiago così come molti altri lo hanno concluso a Leon. È così incontro molte facce e nazionalità nuove e gambe fresche non come le mie che invece scricchiolano...

 

E qui arriva la seconda scelta della giornata. Purtroppo, infatti, oggi inizio a sentire un forte sovraccarico ad entrambi i tendini e sono costretta a fermarmi, o meglio scelgo di farlo anche se la mente cerca di convincermi a proseguire.

Capisco che nei prossimi giorni dovrò rallentare parecchio per non compromettere il Cammino. 

Il pomeriggio se ne va' così seduta nel giardino dell'ostello tra la preoccupazione e la paura. Poco prima di cena decido di fare un impacco di ghiaccio e scendo in cucina accompagnata dal volontario portoghese che mi dice "parla con Pepe" (il secondo uomo di nome Pepe incontrato sul Cammino...).

Mentre prepara la Paella, Pepe mi chiede qual è il mio problema; gli spiego che è da stamattina che sento dolore ai tendini. Si lava le mani mi chiede di sedermi appena fuori dalla cucina e inizia a massaggiarmi. Dopo qualche minuto mi dice di alzarmi e di provare a camminare; in effetti sento meno dolore,

come un miracolo. Poi mi prende le mani, me le stringe e sento come un'energia che mi pervade in tutto il corpo. Continua dicendomi "devi rilassarti, sei troppo preoccupata" e mi accarezza l'aura. "Domani all'alba, prima che tu parta, passa da me ti metterò un bendaggio che ti aiuterà, nel frattempo devi camminare meno per qualche giorno". 

Mi sento più sollevata anche se dovrò rallentare concentrandomi molto sull'ascolto

sperando che l'infiammazione regredisca piano piano nei giorni a venire. 

 

Accettare e accettarsi nelle difficoltà, anche questo e' il Cammino.

 

 

20 tappa: Villar De Mazarife - Astorga

All'alba, come prestabilito, Pepe prepara la colazione e appena ha finito mi fa sedere e mi fascia i tendini. Ci salutiamo con un abbraccio, un sorriso ed il suo "Buen Camino a Santiago". Oggi farò solo 21 km ma senza paura, anzi piena di fiducia.

L'energia "bassa" di ieri e' cambiata e anche se i dolori rimangono sento di poter proseguire serena. Vivo ora per ora, giorno per giorno. E oggi e' un buon giorno. 

 

Fin dai primi passi della mattina si fa strada con chiarezza fuori e dentro di me il tema della giornata: la gratitudine.

Sono grata a tutte le persone che seppure da lontano sento essermi vicine e che attraverso le loro parole mi danno forza quando sono stanca, mi strappano un sorriso quando cado nello sconforto e spesso mi fanno commuovere fino alle lacrime. 

Sono grata per avere la fortuna di poter fare questa esperienza così unica e profonda e so che tanti vorrebbero essere qui e in qualche modo li porto con me nel Cammino sperando che un giorno possano marciare lungo questi sentieri e nel profondo di loro stessi. 

Dicono che il Cammino ti cambia. Posso dire che e' già cosi' ora che Santiago e' ancora lontana perché come tanti prima di me hanno detto... non è la meta ma il viaggio.

 

Questa sensazione di gratitudine mi accompagna anche quando faccio ingresso ad Astorga, la città romana meta di oggi.

Nel pomeriggio visito la cattedrale e rimango rapita dalla bellezza e perfezione del palazzo episcopale progettato da Antonio Gaudi: per un attimo mi sento catapultata in una favola. 

 

Oggi dedico il mio Cammino a Gianluca e alla sua battaglia contro una malattia che sta vincendo alla grande. Un esempio di forza che insegna che se si lotta con amore, volontà e coraggio si può arrivare davvero molto lontani. A confronto il mio Cammino e' un po' di sabbia che sporca le scarpe e qualche muscolo infiammato ma nel mio piccolo, caro Amico, oggi ci sei stato ad ogni passo.

 

 

21 esima tappa: Astorga - Rabanal del Camino

Con l'uscita dalla città di Astorga il paesaggio muta completamente il suo aspetto. Ritornano i colori aranciati della terra che si mescolano con i verdi brillanti dei boschi; all'orizzonte ricompaiono le colline e in lontananza le vette delle montagne. 

Oggi infatti, attraverso un falso piano, la strada ricomincia lentamente a salire, costantemente e senza eccessivi strappi, sino a 1200 metri. La Galizia e' ormai vicina.

La luna in questi ultimi due giorni mi accompagna fino al sorgere del sole e anche oltre. Stiamo di fronte l'una all'altra per ore dentro ad un ordine tutto nostro. 

Attraverso alcuni borghi storici del Cammino come Santa Catalina de Somoza famosa per la sua ospitalità verso i pellegrini e El ganzo, un piccolo paese oggi semi disabitato che si anima grazie al loro passaggio. 

A pochi chilometri da Rabanal del Camino, la mia meta di oggi, incontro sulla strada un uomo che raccoglie fondi per bambini malati di cancro per l'Ospedale di Leon. Scambiamo due parole e prima di salutarci mi indica uno scrigno di legno dove leggo "Vuoi vedere la cosa più bella del mondo?". Apro lo scrigno e mi vedo nello specchio. Mi emoziono e nonostante la faccia stanca e i capelli senza forma arsi dal sole mi sento bella come non mai. Già perché mi rendo conto che anche se mi vesto con le stesse due magliette, gli stessi due pantaloni da tre settimane e non mi trucco, non mi pettino e ho le occhiaie… la bellezza interiore che mi sta donando il Cammino e' davvero la cosa più bella del mondo. Sono certa che questa luce che si è accesa, forte, dentro di me rimarrà per sempre, lo sento.

 

Arrivo finalmente a Rabanal del Camino, località importante del Cammino in quanto presidio dei Templari fin dal XII secolo: a loro era dato il compito di difendere i pellegrini durante l'attraversamento delle montagne. La leggenda racconta che di qui passo' anche Carlo Magno con i suoi fedeli paladini.

 

Mi fermo a dormire in un ostello bellissimo, una casa di pietra con un giardino dove ascolto un po' di buona musica e prenoto anche un massaggio donativo che mi darà un po' di sollievo alle gambe. Mentre pranzo mi rendo conto che tutti si fermano e guardano alle mie spalle: mi giro e vedo la cartina con le altimetrie del Cammino. "Wow" penso, "sto davvero attraversando su e giù tutta la Spagna!".

 

Alle 19 vado a sentire i vespri nella Chiesa dove i monaci benedettini della confraternita di San Salvator del Monte Irago li cantano ancora in Gregoriano. Un'emozione unica che tocca l'anima nel profondo. Prima di uscire mi faccio apporre il timbro della confraternita e mi accorgo di aver riempito tutte le credenziali. Guardando i timbri mi rendo conto di quanta strada ho fatto fino ad oggi e di quante emozioni... e con un sorriso vado a dormire.

 

22esima tappa: Rabanal del Camino - Molinaseca

Stamattina le temperature prevedono 5 gradi, decido quindi di posticipare la partenza nella speranza che il sole possa essermi un valido alleato, nell'attraversamento del monte Irago, al suo levarsi. Inaspettatamente, purtroppo però, quando mi sveglio trovo delle grandi nuvole nere che popolano, minacciose, il cielo. Combatto contro il freddo e il vento per 6 km finché arrivo a Foncebadon dove trovo un bar aperto e cerco di scaldarmi con un the caldo prima della salita alla Cruz de Hierro (croce di ferro). Man mano che salgo gli alberi si fanno radi lasciandomi sempre più esposta al sibilo ghiacciato del vento, unico mio compagno sino alla vetta. 

Oggi tocco uno dei punti più alti del Cammino a 1620 metri di altitudine dove mi appare, finalmente, la Cruz: un alto palo di legno con in cima una croce di ferro. Icona del Cammino, il palo e' sorretto da un cumulo di pietre creatosi negli anni e nei secoli: sono infatti pietre portate dai pellegrini da casa o raccolte durante il viaggio che rappresentano i fardelli, i pesi, le sofferenze di cui ci si vuole liberare e che quindi simbolicamente si lasciano ai piedi della croce.

Ciò che avevo da lasciare andare... l'ho già lasciato alla croce di legno di Burgos quindi mi soffermo per qualche minuto pensando a questo potente gesto di liberazione replicato da migliaia di persone nei secoli e poi riprendo il sentiero. 

 

Mentre inizio la lunga ed impervia discesa di 16 chilometri che mi porterà sino alla destinazione di oggi, Molinaseca, ho un'intuizione. E' come se non fossi più io che stessi percorrendo il Cammino ma come se fosse il Cammino stesso che stesse attraversando me. Ho la sensazione profonda che in qualche modo la simbiosi creatasi con la natura, con le emozioni, con le esperienze vissute nel viaggio sia diventata totale e totalizzante. Come due vasi comunicanti io ed il Cammino diventiamo un tutt'uno, senza confini. 

Mentre cammino immersa in questo mio sentire, il paesaggio diventa sempre più maestoso e il contrasto tra cielo e terra si fa netto anche nei colori. Mi fermerò parecchie volte a guardarlo, ogni volta come se fosse la prima volta.

 

A Manjarin incontro un antico rifugio di Templari dove non posso non immortalare la pittoresca insegna che si trova appena prima e che indica i chilometri che mi separano da Santiago: 222.

Arrivero' a Molinaseca nel pomeriggio inoltrato felice di aver scampato la pioggia e di aver incontrato, nello spirito, il Cammino.

 

 

23esima tappa: Molinaseca - Villafranca del Bierzo

Oggi la tappa lunga e' quasi d'obbligo per poter poi affrontare, il giorno seguente, l'ascesa della terza montagna e arrivare sino alla vetta di O' Cebrerio. 

Percorro la provincia del Bierzo che si dipana nella pianura Leonese, incastonata come un gioiello, all'interno della cordigliera Cantabrica. Questa regione è rinomata per i suoi vigneti e i suoi famosi rossi del Mencia. Giunta a destinazione sara' d'obbligo una piccola degustazione. 

Per tutta la giornata i paesini che popolano la vallata si susseguono raccordati armoniosamente dagli ordinati filari dei vigneti e dai fitti boschi di pioppi.

Il paesaggio e' rilassante e in qualche modo modo cerca di distogliermi dal pensiero della lunga tappa che sto percorrendo.

In questi ultimi giorni lo zaino sembra pesare il triplo e continuo nel mio sempre più arduo e perpetuo aggiustamento e coordinamento, ad ogni passo, di mente corpo e spirito. Ed è proprio in questi istanti, che poi durano spesso chilometri e ore, che sono la consapevolezza della ricerca interiore che sto percorrendo e la gioia a trainarmi avanti: loro non sono mai stanche.

 

Oggi, per la prima volta da quando sono in cammino, mi rendo conto che l'autunno sta arrivando. Intravvedo le prime foglie che mutano colore sugli alberi e a ricordarmelo anche una freccia che indica con delle castagne ed un grappolo d'uva la strada, certamente una composizione di qualche pellegrino. Lungo i filari dei vigneti vedo anche i primi mezzi che si preparano alla vendemmia. Non c'è dubbio l'autunno e' alle porte mentre ogni giorno mi avvicino sempre di più a Santiago.

 

Vengo a sapere che un pellegrino di origine brasiliana e' partito all'improvviso perché il fratello e' venuto a mancare in un incidente stradale. Dentro di me penso: la vita è davvero così importante e preziosa che non se ne può sprecare neppure un istante. Vivere alla massima espressione, non rimandare mai ciò che si desidera, amare con tutto il cuore senza riserve, imparare a dire no, a riconoscersi, a rispettarsi, ad amarsi, a godere della bellezza che c'è in ogni cosa e trovare sempre la spinta a trasformare ciò che ci affligge in un'opportunità di crescita. 

Credo nella luce che il vento non può spegnere, credo nella vita.

Prendere coscienza ogni giorno che la vita e' un dono da onorare: oggi e' il Cammino a ricordarmelo e per questo lo ringrazio.

 


24esima tappa: Villafranca del Bierzo - Monte Cebrerio

Esco da Villafranca del Bierzo lasciando alle mie spalle l'austero ma accogliente monastero benedettino dove ho trascorso la notte. Percorro per qualche chilometro la statale finché le frecce mi indicano una strada stretta che attraverserà alcuni piccoli borghi di case in pietra e fango. 

Stamane non c'è la luna ad accompagnarmi, timidamente nascosta dietro le nuvole, e neppure le stelle. E' un buio che fa quasi paura. Mi accompagnano solo il rumore del ruscello e il canto delle cicale. Mentre cammino scende una pioggerellina finissima quasi impercettibile che mi inumidisce il viso e le mani.

Sento, intensi, i profumi dell'autunno: l'odore del muschio del sottobosco, dei castagni, della terra umida da funghi; sento il profumo del legno tagliato ed accatastato per l'inverno. C'è una una profonda pace dentro di me, come in quegli istanti della vita in cui tutto e' perfetto, in cui non c'è nulla da rivedere, nulla da cambiare. Solo vivere. Credo siano gli istanti in cui sia possibile proiettare l'anima oltre i confini della razionalità ed arrivare, senza improbabili iperboli, ma con naturalezza, ad intuire l'infinito. 

Quando alzo gli occhi al cielo vedo un arcobaleno all'orizzonte, quasi un testimone di questo magico momento. 

 

Dopo 17 chilometri arrivo a Las Herrerias dove inizia la salita verso Il monte Cebrerio. Da qui in poi gli alberi si chiudono sul sentiero a chioccia come in un caldo abbraccio e ho quasi la sensazione di calpestare un luogo sacro. La natura mi porta ancora una volta all'introspezione: non a caso il monte Cebrerio e' uno dei luoghi più carichi di spiritualità di tutto il Cammino. 

 

Gli ultimi 8 chilometri sono più impegnativi, si sale di 800 metri di altitudine. Quando esco dal bosco e mi volto a guardare indietro il cuore si apre commosso e incredulo difronte a tanta meraviglia. La suggestione e' forte. Le gambe tremano, il cuore si espande. Due chilometri prima di arrivare in vetta attraverso il confine ed entro finalmente in Galizia, l'ultima regione del Cammino, la regione di cui Santiago e' il capoluogo. 

 

Arrivo sul Cebrerio affamata e piena di emozione.

 

 

26esima tappa: Samos - Puertomarin

Stamattina saluto il monastero di Samos e riprendo il sentiero che mi porta verso Sarria. Per 16 km non incontro nessuno; come ieri attraverso piccoli agglomerati di case apparentemente disabitati o deserti. 

Arrivata a Sarria visito la Chiesa e il convento de la Magdalena e finalmente, dopo tre ore e mezzo di cammino, riesco a fare colazione. Esco dalla città attraversando i binari del treno: sembrano quasi i binari del Far West con la colonnina che indica il sentiero. 

Oggi incontro gli sconfinati pascoli spagnoli costellati da fattorie e mucche. Il paesaggio è decisamente bucolico. 

 

Intorno al 26esimo chilometri incontro Giulio e Luca, due giovanissimi ciclisti di 22 anni di Mantova, Giulio e' campione di mountain bike, che decidono di accompagnarmi per un pezzo di strada. Ci raccontiamo le nostre storie e poi loro mi spiegano che in questo viaggio hanno scoperto la bellezza di ascoltare la vita delle persone che capita loro di incrociare lungo il Cammino. Prima di salutarci mi chiedono di scattarci una foto "con la nostra amica piemontese" mi dicono e con un sorriso ripartono sui loro fiammanti mezzi. Poco dopo arrivo al fatidico "km 100,000" a Santiago e l'emozione e' fortissima. Realizzo che ormai mancano davvero pochi giorni. Forse per la prima volta nella mia vita mi rendo conto che e' stato davvero più il vivere il viaggio che attendere la meta. Vorrei portarmi a casa dal

Cammino questo insegnamento e poterlo applicare a quante più possibili situazioni quotidiane. In estrema sintesi godermi davvero la strada della vita.

 

Arrivo a Puertomarin molto tardi attraversando su un altissimo ponte il Rio Mino, il tempo di fare la bella lavanderina come ogni sera ogni 3 giorni (il quarto mi concedo il lavaggio a macchina di tutto il contenuto dello zaino), doccia, impacchi di ghiaccio alle gambe, farmacia, cena e messa alle 20 nella bellissima chiesa di Marosone, il medesimo architetto della chiesa di Santiago. 

E poi a letto stanchissima ma felice.

 

 

27esima tappa: Puertomarin - Melide

Il primo tratto fuori da Puertomarin sono 13 chilometri in salita attraversati da diverse pinete. Si odono le cornacchie gracchiare lungo i fianchi della collina e poi più nulla, solo la notte.

I primi 8 chilometri li percorro di nuovo sotto una pioggerellina fine, poi a metà mattinata finalmente esce il sole e si alza la temperatura di parecchi gradi. 

Mentre cammino penso che ho menzionato alcune persone sul mio diario di bordo che ho conosciuto ma ce ne sono anche tante che non ho ricordato talvolta perché non ne conoscevo il nome o non ci avevo neppure parlato. Eppure sono stati incontri in egual misura importanti per il mio Cammino. Chissà forse anch'io sono nel diario di qualche pellegrino senza saperlo! Questo mi fa riflettere molto sulla connessione che esiste tra tutti noi: a volte siamo un canale di crescita per gli altri, a volte invece sono gli altri ad essere per noi fonte di ispirazione e di intuizioni profonde. Questo credo che spieghi, in fondo, anche il concetto di solidarietà umana… Siamo legati anche quando non ci conosciamo e percepiamo il campo energetico di chi incontriamo, talvolta senza dover entrare neppure in interazione.

Tutti, in un modo o nell'altro, dichiaratamente o non, ci aiutiamo a vicenda attraverso l'osservazione, il confronto, lo spunto, l'esempio.

 

Arrivo a Ligonde dove trovo un centro di accoglienza dei pellegrini gestito da volontari che provengono da tutto il mondo. Trovo all'ingresso una pietra su cui c'è scritto "abbracci gratis". Senza esitazioni entro e chiedo "sono qui gli abbracci gratis?" e mi si avvicina una ragazza americana che mi da un lunghissimo abbraccio. Che bellissima sensazione; quella che mi fa tornare sempre "a casa".

A 3 km da Palas de Rei sfrecciano due donne in bicicletta con la musica latino americana ad alto volume gridando "Buen Camino". Ogni tanto ci vuole anche un po' di buona musica sui sentieri del Cammino!

Quando arrivo in città vedo la banda che suona; chiedo ad un vecchietto ingiacchettato e distinto informazioni e lui mi risponde che oggi è la festa del paese. 

Da qui e fino alla destinazione finale di oggi incontrerò solo e sempre boschi. Proprio come 27 giorni fa mi avevano accompagnato all'inizio del mio Cammino, gli alberi sembrano essersi posti in una speciale cordata per scortarmi anche nella parte finale del mio viaggio. Come un cerchio che si chiude e che finisce proprio la' dove tutto ha avuto inizio.

Incontro anche i girasoli che non vedevo dalle Mesetas e che sembrano desiderosi di volermi dare un saluto prima di congedarsi. 

 

Oggi volevo fermarmi a 8/10 km da Melide. Purtroppo però non trovo posto per dormire e sono costretta a proseguire. A 6 km vedo una donna accovacciata su una panchina di pietra ricurva su se' stessa. Mi avvicino e le chiedo se vada tutto bene; lei mi risponde "non ce la faccio più a proseguire". Per distrarla inizio a chiederle come si chiama, da dove arriva, che lavoro fa, perché sta facendo il Cammino…

Poco dopo siamo l'una di fianco all'altra in cammino verso Melide. Quando avevo visto Gasperina, questo è il nome della donna di cinquant'anni messicana che ho incontrato oggi, ero in un momento di crisi perché molto stanca e dolorante alle gambe per i tanti chilometri fatti sino a quel momento.

Quando arriviamo a Melide passiamo davanti alla Pulperia Ezechiel, la più famosa della Galizia. Gasperina vuole a tutti costi offrirmi la cena dicendomi che se non fosse stato per me non sarebbe mai arrivata a Melide e che sono un angelo nel Cammino. Le rispondo che anche per me è valsa la stessa cosa perché quando l'ho incontrata ero in crisi e l'incontrarla mi ha dato la forza per compiere gli ultimi chilometri. Niente da fare paghera' lei il conto. Prima di salutarci ci scattiamo una foto insieme per ricordare il lieto fine di questa giornata. Ci scambiamo il numero di telefono perché presto lei sarà in Italia e vuole che io vada a trovarla appena possibile in Messico.

 

Il cammino oggi mi insegna davvero quanto siamo interconnessi e che ogni incontro è uno scambio che ci arricchisce e ci permette di creare nuova energia e superare le difficoltà comuni. 

Oggi io e Gasperina abbiamo camminato per 40 km e ci siamo riuscite l'una grazie all'altra.

 

 

28esima tappa: Melide - Pedrouzo

Stamattina camminando sola nel bosco rifletto sul fatto che e' quasi un mese che vedo nascere l'alba e che vivo il momento esatto di passaggio tra la notte e il giorno; apparentemente scontato e banale dato che e' ciò accade ogni giorno ma in realtà mi rendo conto che ho molto apprezzato e goduto di questi istanti che in citta' per ovvie ragioni non vivo. Penso che sia come assistere ogni giorno ad una nascita, ad un nuovo inizio ed essere testimoni presenti della vita. Forse la sensazione che provo e' quella di maggior consapevolezza del tempo e del suo dispiegarsi.

 

Oggi, in diversi momenti, la commozione e' forte, profonda e mi tocca con dolcezza l'anima. La mia emozione non dipende principalmente dal fatto che domani arrivero' a Santiago ma dal fatto che sono consapevole di essere arrivata in meandri della mia mente, del mio corpo e del mio spirito che non avrei mai creduto di poter esplorare. Ho aperto cassetti chiusi, ne ho rispolverati altri, mi sono messa completamente a nudo e cosa più importante mi sono amata esattamente per quella che sono. "Va vers to meme", "vai verso te stesso" guarda caso, oggi, incrocio questa freccia parlante sul Cammino...

 

Arrivo ad Arzua a metà mattinata e lungo la strada incontro un caseificio che vende formaggio prodotto nelle campagne della zona. Mi fermo e mi mangio un delizioso boccadillo con queso. Poi riprendo la strada e ritorno nel mio amato bosco. 

Mentre cammino intravvedo un gruppo di italiani sulla settantina; quando sono alla loro altezza li saluto e loro esultano "un'italiana!", "si'" rispondo e incominciamo a parlare. Sono tutti di Bergamo e stanno facendo gli ultimi 100 chilometri, da Sarria, che sono quelli sufficienti per ottenere la Compostela. Iniziano a farmi mille domande tra cui se sono sola, da dove ho iniziato, cosa faccio nella vita... ad un certo punto mi sento quasi la nipote adottiva. Una signora mi chiede anche cosa sto studiando... "signora ho 40 anni, ho finito le scuole da un po'" ma sono un po' orgogliosa di questo, in fondo, di non sembrare una quarant'enne... Finiamo con una bella foto di gruppo e abbracci quindi, per me, un bel finale!

 

Prima di arrivare alla mia destinazione di oggi incontro Ramon un asino simpaticone con cui scatto una foto ricordo, anche lui fa parte del mio Cammino e quindi non mi sottraggo da un selfie in primo piano in cui lui mostra tutto il suo charme. Anche qui ci abbracciamo a lungo e poi ci salutiamo.

 

Arrivo a Pedrouzo intorno alle 15, entro in una farmacia e chiedo dove posso trovare un posto tranquillo dove dormire e rilassarmi. La farmacista mi indica una casa rural semplicemente meravigliosa, un piccolo regalo che mi faccio l'ultima sera prima di arrivare a Santiago. Un bicchiere di vino davanti al fuoco, una cena deliziosa e un letto davvero comodo. E su quest'ultimo punto il mio corpo ringrazia copiosamente!

A cena sono l'unica al tavolo da sola ma sento che sola non sono... come non lo sono mai stata in tutto il viaggo.

 

Domani arrivo a Santiago, mancano circa 20 chilometri. E' comunque emozionante pensare che arrivero' alla Cattedrale domani e che l'atto fisico del mio camminare avrà un epilogo. 

Mi addormento con questa immagine, il mio arrivo che sarà un nuovo inizio.

 

 

29esima tappa: Pedrouzo - Santiago de Compostela

Alle ore 12.45 arrivo alla Cattedrale di Santiago. Sui muri le ultime frecce e per terra le ultime conchiglie ad accompagnarmi alla meta. 

887 chilometri partendo dal versante Francese e lungo tutta la Spagna attraverso sentieri, strade, città, paesi, boschi, montagne, pianure; niente a confronto con i chilometri che ho percorso dentro al mio cuore e alla mia anima. E questi sono quelli che rimangono e rimarranno per sempre indelebili e forgiati dentro di me.

 

Le prime lacrime di commozione iniziano a scendere appena entro a Santiago. Non so se ho fame, se ho sete, se ho sonno, se sono stanca... forse in questo momento sento e sono solo anima e tutto e' perfetto, tanto che mente, corpo e spirito sono naturalmente allineati, senza sforzo, senza fatica.

Quando si arriva a Santiago si pensa di aver finito il Cammino con l'arrivo alla Cattedrale. Ma questo e' solo l'inizio. Ci sono tante cose da portare con me nella mia valigia della vita. Un nuovo modo di essere, innanzitutto. Più consapevolezza di me, dei miei limiti ma anche delle mie risorse e delle mie potenzialità che, come quelle di tutti noi, sono infinite. Bisogna solo contattarle e lasciare che abbiano libera espressione dentro e fuori di noi.

Non è mai troppo tardi per prendersi cura di se', non è mai troppo tardi per iniziare qualcosa di nuovo, non è mai troppo tardi per guardarsi dentro e imparare a diventare chi siamo veramente.

La scelta di fare il Cammino da sola è stato uno dei regali più belli che mi sia mai fatta nella vita. È stato proprio il non avere punti di riferimento che mi ha donato la possibilità di sperimentarmi in ogni mia sfumatura. Credo che camminare da sola mi abbia insegnato anche a stare in modo più autentico accanto gli altri.

 

Ho gioito, ho pianto, ho avuto paura, mi sono sentita fortissima e invincibile, ho pensato di mollare, sono andata avanti comunque, ho urlato, ho cantato, ho zoppicato, ho corso, mi sono persa, mi sono ritrovata. Ma più di tutto sono sempre rimasta fedele a me stessa.

 

Il cammino rappresenta la vita. Ciascuno è libero di compierlo come meglio crede ed è forse questa la meraviglia racchiusa nell'esistenza; poterla scegliere ogni giorno e altrettanto cambiarla quando la si sente addosso come un vestito troppo stretto. Bisogna avere il coraggio di cambiare e per farlo bisogna davvero solo ascoltare il nostro cuore, l'unica bussola infallibile.

 

Davanti alla Cattedrale di Santiago de Compostela scoppio in un pianto di gioia.

Il Cammino e' stato il viaggio dentro me stessa più bello della mia vita.

 

 
 
 

Commenti

Valutazione 0 stelle su 5.
Non ci sono ancora valutazioni

Aggiungi una valutazione

E' possibile richiedere

una prima Consulenza Conoscitiva Gratuita 

Online tramite videochiamata 

Per fissarla:

Scrivere un'email a: elisa.allocco@gmail.com

Contattarmi su What's App al (+39) 3474307376

 

In alternativa è possibile compilare il MODULO 

presente qui accanto.

Seguimi su Instagram e Facebook 

alla pagina @lapsicologavagabonda

  • Instagram
  • Facebook
  • LinkedIn

© 2023 by Elisa Allocco. All Right Reserved | Psicologa, Mediatrice Familiare | Insegnante di Mindfulness | P.Iva 10304290967 | Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Lombardia (n°iscrizione 25710) | Privacy & Cookie Policy

  • Instagram
  • Facebook
  • LinkedIn
bottom of page